Nonostante la pandemia, la guerra, le varie catastrofi che non sono mancate, questi quasi 18 mesi di Draghi al governo sono stati una boccata d’ossigeno. Ogni volta che ha parlato, ho pensato che l’Italia e l’Europa potessero avere un futuro migliore, che il nostro paese potesse far prevalere quanto di buono e, talvolta, di ottimo ha e, invece di procedere sulla ben avviata via del degrado economico, sociale, culturale, potesse percorrere, con alacre fiducia, quella di una rinascita, di un risorgimento. Che si potesse, insomma, essere orgogliosi di essere italiani e di fare la propria parte dalla parte giusta della storia.
Con la crisi di governo – determinata da un partito che è stata una delle tragedie più gravi (una tragicissima farsa) della nostra storia repubblicana – il rischio di un ritorno al nostro peggio, con la debolezza del sistema politico-partitico che abbiamo, c’è. Ed è forte. Quanto sarà più debole l’Italia senza Draghi? Quanto sarà più debole l’Europa senza Draghi? Quanto appoggio perderà Zelensky senza Draghi? Quante bottiglie di vodka innaffieranno il caviale del festeggiamento di Putin senza Draghi?
Al Quirinale, c’è una roccia affidabile del destino del Paese e, da oggi, succederanno tante cose su cui ragionare, cercando soluzioni. Ma, per ora, incombe solo il dolore. Il sole, naturalmente, è uscito anche stamattina. Ma si sa che il sole è abituato a risplendere anche sulle umane sciagure.
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