Se Reggio fosse stata una città normale, il weekend che inizia con la festa del santo patrono della città avrebbe dovuto essere un pullulare di iniziative tali da cominciare a portare in città migliaia di persone desiderose di anticipare una visita al Marc per il cinquantesimo del ritrovamento dei Bronzi e di approfittare dell’occasione per una puntata anche a Gambarie, o a Scilla o a Locri, a Bova, a Gerace, o altre belle località a scelta.
Se Reggio fosse stata… : in greco, se non ricordo male, questa sarebbe l’ipotesi di un periodo ipotetico del quarto tipo, o dell’irrealtà. Reggio, infatti, non è una città normale.
A certificarlo in maniera definitiva – un certificato di morte? – è il fatto che, se così non fosse, già almeno da un anno, la città tutta – in verità, la regione tutta – avrebbe potuto e, quindi, dovuto – intorno a quella straordinaria ricchezza del passato che, cinquanta anni fa, lo Jonio ci ha restituito, regalo inatteso e, purtroppo, immeritato – ricostruirsi: di un’occasione così, una città normale avrebbe fatto il suo speciale PNRR.
In una città che gode del sole almeno 335 giorni l’anno, si è come depositata una caligine, insieme opprimente e deprimente, che sembra coprire anche le energie di tanti che ci provano ancora a farle godere tutto il sole, il cielo, il mare che ha.
Se ne può ancora uscire?
Come?
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