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Uno. Secondo i dati pubblicati in occasione dell’ultima giornata del libro (23 aprile 2022) – a leggere almeno un volume nell’ultimo anno è stato il 40, 4% degli italiani, contro il 90% degli svedesi e l’82% dei danesi. Disaggregando il dato, si può osservare che nel Nordovest legge il 48, 5%; nel resto del Nord il 48, 2%; al Centro il 44, 3% e al Sud il 29, 2%. Dato che, in Calabria, l’ultima in classifica, si abbassa al 23, 9%. Un segnale drammatico, che sintetizza gravi problematiche sociali, economiche e culturali su cui – mi sarò distratta – ma non mi sembra che si sia acceso un gran dibattito. D’altra parte, non è una novità: la non lettura fa parte dei tanti “meno” che ci accompagnano da tempo, strozzando presente e futuro della Calabria.
Due. La scorsa estate, che pure abbiamo passato con parecchi vincoli contro l’epidemia, non c’è stato quasi paese e paesino calabro che non abbia avuto la sua rassegna libri: più o meno breve, più o meno articolata, più o meno ben condotta, con autori di maggiore o minore spessore, ma sempre parecchio pubblicizzata e, quasi sempre, considerata un successo dai suoi promotori. Moltissime delle foto apparse sui social inquadravano, però, solo i relatori, non il pubblico; che, quando appariva, esclusi pochissimi casi, non raggiungeva la decina di persone.
Tre. Per qualche anno ho organizzato una rassegna libraria a Pellaro, insieme a Giuseppe Laganà e grazie alla disponibilità dei presidi della locale scuola di base, prima il dirigente Giovanni Marcianò e poi la dirigente Eva Nicolò, manifestazione sospesa complice, ma non solo, la pandemia. Ci sono state serate gradevoli; serate interessanti; serate belle: di tutte resto grata a tutti coloro che vi hanno preso parte. Talvolta, e specificamente nell’incontro sul pane nella narrativa (dicembre 2019), un raccordo con la scuola che ha permesso un coinvolgimento degli alunni molto apprezzabile. Ma, nel tempo, mi è sembrato che la manifestazione, piuttosto che crescere, tendesse ad avvitarsi su se stessa. Segni inequivocabili: la scarsa ricaduta di questi incontri sul territorio e la struttura del pubblico, costituito in larga parte da parenti, amici, conoscenti: persone in qualche modo “portate lì” (anche da affetto e stima) ma non davvero interessate e, peraltro, via via diminuite di numero e, anche, nella partecipazione al dibattito.
Quattro. Se è ovvio che, soprattutto in un territorio dove mancano spazi della cultura e del dibattito, trovare comunque occasioni per pensare e ripensarsi è assolutamente necessario ed è, immagino, ampiamente condiviso che la scuola sia una componente essenziale di un programma culturale che integri le forze migliori del territorio, come agire in maniera efficace per promuovere l’attenzione ai libri, il gusto della lettura, la propensione a dibattere, a partire da un libro, di tematiche culturali, religiose, sociali, economiche ecc. ecc.? Se centinaia di rassegne librarie non smuovono lo stagno della lettura (ma si potrebbe scegliere qualche immagine peggiore) in Calabria, qualche domanda bisognerebbe porsela. Non si tratta, infatti, solo di “fare”, ma di “fare bene”.
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