lunedì 6 settembre 2021

Ancora su Alvaro e il futuro della Calabria

 

 


Un classico ha qualcosa da dire nel presente? Certamente sì. Anzi, la capacità di parlare al presente è una delle caratteristiche che ne fanno, appunto, un classico. Ma chi legge l’Odissea o Guerra e pace o Orgoglio e pregiudizio sa bene che, mentre il nucleo centrale di sentimenti ed emozioni che attraversano Ulisse, Natascia o mister Collins sono eterni, le condizioni che quei testi rappresentano sono ormai superate: la storia ha proceduto a stratificare, via via, altri rapporti tra stati, classi sociali, uomini e donne. E così noi godiamo la lettura quei testi con un insieme di vicinanza e di distanza. L’Anne Elliot della Austen mi è più emozionalmente vicina di moltissime delle protagoniste dei romanzi pubblicati negli ultimi anni (anch’io, come lei, non sono una giocatrice di dadi), ma non c’è dubbio che il mondo in cui lei vive non quello in cui vivo io.

Tutto questo per ribadire il senso di un concetto che ho già espresso. Corrado Alvaro è un classico. Va goduto per l’universale che porta nelle sue pagine, per l’attenta descrizione di una fase della storia italiana ed europea, ma il mondo che nelle sue pagine resta vivo non è il nostro mondo. Nel bene e nel male, noi viviamo un’altra fase della storia.

Per questo, Alvaro va conosciuto, letto e ammirato per il tantissimo che vale. In lui si possono trovare stimoli, sensibilità, capacità di ascolto e di visione della Calabria, della sua terra, delle sue montagne, del suo mare, della sua gente: ovvero il supporto che, in genere, la cultura, assorbita e rielaborata, ci dà. Ma le risposte che dobbiamo al presente non stanno nelle sue pagine né in quelle di qualcun altro. Vanno cercate nello sforzo di orientarlo il presente, l’attuale presente, verso un futuro migliore (sinonimo, per me, di più pienamente umano). Un futuro in cui far rifluire, in maniera nuova, la parte buona e bella del passato (grandi libri compresi): ma, insieme, una realtà da inventare con il più di fantasia creatrice che lo snodo epocale che stiamo attraversando impone.

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