In un messaggio per festaMadonna il vescovo di Reggio,
Morosini, si chiede se ha senso il patronato civile alla festa in una città
ormai scristianizzata.
Reggio è una città scristianizzata?
La risposta che darei è: sì, ma.
Le ragioni del sì mi sembrano del tutto evidenti.
Intanto, l’Italia è scristianizzata da tempo. Almeno dal
referendum sul divorzio del 1974, quando la vittoria del “no” all’abrogazione
della legge Fortuna-Baslini fece emergere un dato che non molti, anche all’interno
della chiesa, colsero fino in fondo. Ovvero che, nella società, s’era spezzato
quel comune sentire per cui, per molto tempo, i valori cattolici della famiglia
erano stati, sostanzialmente, i
valori di tutti, al di là d’ogni diversità di classe e d’ogni differenza
ideologica, almeno pubblicamente. E
che questo dato preludeva ad ulteriori e rapidi distacchi tra la sensibilità
collettiva e la morale cattolica.
Negli ultimi decenni, in tutto il
paese Reggio compresa, è andato diminuendo il numero di persone che frequenta
regolarmente la messa domenicale, è diventato normale che i ragazzi, dopo la
prima comunione, spariscano dagli oratori e, mentre aumentano i matrimoni
civili, non pochi di quelli celebrati in chiesa finiscono con separazioni e
divorzi. E basta entrare in alcune chiese, per avvertire che vi abitano
comunità che magari fanno anche molte cose (dal coro alla mensa Caritas), ma
dove non si avverte nulla che faccia battere il cuore, che induca ad alzare gli
occhi al cielo.
Ed è peggiorato sensibilmente il
tasso di cultura religiosa del paese. Quali sono i dogmi fondamentali del
cristianesimo? Cosa indicano i vari segni e simboli che connotano la
celebrazione eucaristica? Quali sono i sacramenti dell’iniziazione cristiana?
Sono domande semplici, a cui la maggioranza degli italiani non sa più
rispondere: dato, quest’ultimo, che dovrebbe grandemente preoccupare non solo
la chiesa cattolica, ma tutti coloro che hanno a cuore la cultura. Il combinato
disposto tra la non frequentazione delle chiese e il pessimo uso che a scuola
si fa dell’ora di religione cattolica (che sostituirei con ore obbligatorie di storia
delle religioni) ha fatto sì che gli italiani, credenti o meno, abbiano molte
meno possibilità di apprezzare buona parte della nostra tradizione letteraria
(da Dante a Manzoni) e della nostra ricchezza artistica (da Giotto alla
Sistina).
Reggio è
certamente, come il resto del paese, scristianizzata, anche se non bisogna dimenticare che, in questi ultimi anni, sono diventati patrimonio di un numero crescente di persone alcune istanze del cristianesimo, di rispetto delle persone, di attenzione ai deboli, di giustizia capace di misericordia. E che capita di sperimentare, talvolta, gesti magari incosapevolmente ma del tutto cristiani.
Oggi, Reggio, come
altrove, l’essere cristiani è sempre più una scelta. Non si nasce
cattolici e si resta così a vita, perché tanto tutti fanno (o meglio: fingono
di fare) così, ma si sceglie via via se esserlo o non esserlo.
È una condizione, in qualche
modo, più difficile perché si rischia di sentirsi e/o essere soli,
di dover assumere responsabilità controcorrente, di vedersi, talvolta,
additati come gli epigoni del medioevo, ecc. ecc.
Ma, è la condizione normale in
una società complessa e variegata, dove, in campo religioso, convivono varie
fedi nonché diverse espressioni di agnosticismo- indifferentismo-fai da te e
dove tutti hanno uguale diritto di potersi esprimere.
Ma proprio questo dover scegliere
in autonomia il proprio sì a Gesù
Cristo può dare nuova linfa al cattolicesimo italiano. Non più totalità e
neppure maggioranza, ma minoranza, magari piccola, infima minoranza, i
cattolici potrebbero (e in molti casi e situazioni lo sono già di fatto) diventare,
evangelicamente, il lievito dell’intera società.
Questo post, leggermente ampliato è apparso su Zoomsud il 14 settembre:
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