«Con grande dolore ed amarezza ho preso atto
delle polemiche che hanno accompagnato la mia stabilizzazione nella scuola con
conseguente insegnamento nell’oramai imminente anno scolastico. Il dolore e
l'amarezza risiedono nel constatare che, di fatto, mi si vuole impedire di
avere una vita da cittadino “normale”. La mia innocenza, sempre gridata è pari
al rispetto nei confronti del dolore della famiglia Russo. Ho rispettato, pur
non condividendola, la sentenza di condanna. Quella stessa sentenza mi
consentiva, tuttavia, di insegnare. Ed allora sarebbe stato da Paese civile
rispettare la sentenza nella sua interezza. Ho sempre ritenuto che per essere un buon
insegnante si debba anzitutto essere persona serena. Oggi, in ragione di queste
polemiche, non ho più la serenità che mi ha contraddistinto nei dieci anni di
insegnamento quale supplente: anni caratterizzati da una mia grande
soddisfazione anche e soprattutto legata al costruttivo rapporto instauratosi
con alunni e genitori. Ed allora se la coscienza mi dice, come mi ha sempre
detto, di poter insegnare, la mancanza di serenità mi induce a rinunciare
all'incarico per rispetto degli alunni che mi sono stati affidati. Così questo Paese mi toglie anche il fondamentale
diritto al lavoro. Dopo la tragedia che mi ha colpito, solo la speranza mi ha
dato la forza di andare avanti. Anche oggi vivrò con la speranza che un giorno la
parte sana di questo Paese, che pure c'è ed è nei miei tanti ex alunni che in
questi giorni mi sono stati vicini e nella gente comune che mi ha manifestato
tanta solidarietà, possa divenire maggioranza».
Con questo comunicato all’Ansa, Giovanni Scattone*
rinuncia alla cattedra. Non è un giorno felice per il paese. Che – in preda a
luoghi comuni, a un incattivirsi del suo spirito, a ore alterne super garantista
e giustizialista, insieme amorale e bigotto – si dimostra più arretrato della
sua Costituzione.
È forse civile che una persona che ha pagato
quanto la legge ha stabilito dovesse pagare debba rimanere ancorata a vita al
suo reato?
Se si spinge “per principio” una persona, che ha
già insegnato “normalmente” per dieci anni da precario, fuori dalla scuola proprio
al momento in cui entra in ruolo, quali circuiti
di normalità potranno mai aprirsi per persone che escono da Nisida, da
Poggioreale, da Secondigliano?
*Non conosco Scattone, ma l’ho intravisto una
volta, ad un convegno sui giornali in carcere, organizzato a Firenze alla fine
degli anni novanta. Aveva uno sguardo timido. Sofri, presente a quello stesso
convegno, aveva occhi che non saprei che definire perforanti.
La questione è tanto delicata, Maria, è con implicazioni che vanno dalla giustizia all'etica. Di una cosa, però, sono certa (permettimi questa presunzione): insegnare non è per tutti. Non basta la laurea e non bastano le abilitazioni. Chi si è macchiato di omicidio (omicidio!), una volta scontata la pena, deve avere la possibilità di reintegrarsi nella società civile e quindi di svolgere un lavoro dignitoso con giusto compenso. Ma insegnare... Un tempo, l'insegnante veniva chiamato "maestro" ed era il riferimento per eccellenza, l'esempio. Scattone è solo un cattivo esempio per una gioventù già penalizzata da cattivi genitori. Scattone, come tanti di noi plurilaureati e specializzati, dovrà ripiegare su altre professioni e magari eccellerà e nessuno griderà allo scandalo.
RispondiEliminaInsegnare non è per tutti, questo è vero. E non saprei dire se Scattone sia o meno idoneo ad insegnare. Infatti secondo me il problema non è lui, ma quello che rappresenta. Rappresenta un individuo condannato per omicidio colposo che ha pagato il debito che lo Stato gli ha attribuito. Dopo aver pagato dovrebbe tornare ad essere un cittadino normale, con tutti i diritti ed i doveri, se è vero (com'è vero) che la pena deve essere educativa e non una mera vendetta. Inoltre, credo che l'insegnamento non si possa ridurre alla sola attività svolta nelle aule scolastiche, almeno non al giorno d'oggi, non nell'era dell'informazione (e disinformazione) globale ed istantanea. E abbiamo diversi esempi in Italia e nel mondo di condannati anche per omicidio o altri gravi reati che hanno scontato la pena (o gli è stata condonata) sono attivissimi nell'informare e/o opinare su testate nazionali, o addirittura guidare formazioni politiche. E la loro attività è accessibile a chiunque, anche a quei ragazzi che (si vuol far credere) si intenda tutelare impedendo a Scattone di insegnare.
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