Avevamo, nel cortile di casa, rose bellissime,
rosse (una aveva sfumature così scure da richiamare il nero), gialle (una con
bordi rossastri), screziate, ma quella è rimasta nella mia mente come la rosa
perfetta. Incantava il suo rosa-viola-lilla che, da quelle parti nessuno aveva
ancora (né avrebbe mai più) visto, o stelo lungo: il bocciolo elegante, i
petali di seta vellutata, il profumo degno della bellezza estrema del colore,
il senso di blu che lasciava negli occhi.
Tutte rose dei fratelli Ingegnoli che mio padre ritirava da Milano, insieme a
sementi di ortaggi, verdure, legumi per il giardino, dopo aver a lungo consultato il catalogo
che periodicamente arrivava a casa, nell'estrema Calabria.
Poi, come accade per molte cose (belle o brutte),
anche questa familiare abitudine si è dissolta nel tempo e le rose sono quasi del tutto scomparse dal cortile, quasi un lusso impossibile.
Ma oggi – sarà perché è giorno di Rita, santa
della spina e della rosa – mi sento sommersa da tutte quelle rose, dai loro
profumi e colori e mi tornano in mente storie (quella di Rilke e della
mendicante, per esempio) che hanno al centro le rose.
Ho un ricordo vago ed impreciso di una
discussione avvenuta, qualche anno fa, in una chiesa napoletana, tra una signora
che voleva benedetto un mazzo di rose e il prete che glielo negò in quanto
richiesta più che di valore religioso di una sorta di magica, superstiziosa, protezione.
Resto convinta che il prete, un sant’uomo degno
di massima stima, avesse ragione.
Ma, oggi, ad una benedizione delle rose ci
andrei: per l’esigenza di respirare (anche con gli occhi, con la mente) una
mezzora di bellezza pura.
(Le rose non sono il mio fiore preferito; addirittura, molte, viste dai fiorai, mi danno un senso fastidioso di artificiale, di falso)
(Le rose non sono il mio fiore preferito; addirittura, molte, viste dai fiorai, mi danno un senso fastidioso di artificiale, di falso)
Nessun commento:
Posta un commento