«Non c’è pericolo che la chiesa chiuda, dice tra sé mentre
guarda la piazza, riconosce una coppia che arriva per cena in trattoria. Non
chiude mai la chiesa finché ci sono morti da seppellire. Nati sempre di meno.
Ma di morti ce ne sarà sempre. Saranno i neri, a un certo punto, per adesso ci
sono stati già i primi extra dell’Est messi nel cimitero da noi,
albanesi, romeni. I cinesi non si sa dove portano i morti. Ma la chiesa non
chiude, finché si muore, sta’ sicuro. Però almeno la messa grande potrebbero
farla meglio, scusa, la gente va ovunque tranne che a messa e a messa ci
sarebbe tutto, si canta, si parla della vita sul serio, si sta tutti insieme.
Si potrebbe anche muovere tutti insieme le mani mentre si prega cantando. E la
musica vera, non quelle risciacquature di Sanremo. C’è una pala di Tiziano qui
dentro! Compravano i quadri da Tiziano, che era il più figo di tutti, se
ascolti bene la Serena. Oggi si dovrebbe suonare la musica di un fuoriclasse,
uno di quelli che sentono tutti. Tilio va a vedere su Google le canzoni più belle del
duemiladiciannove, ecco qui Lewis Capaldi, Someone You Loved. Il Papa dovrebbe
chiamare questo Capaldi e chiedergli: “Scrivimi un pezzo”. E tu vai a messa
come la cosa più bella che hai da fare la domenica, secondo me, pensa Tilio,
non è che al Signore paghi un’ora di tedio, se è vero che sta qui dentro. Ti
piace il campo sportivo, ti piace la palestra, e ballare, e al cine, dimmi tu
se non ti piace trovarti a casa del Signore. La meglio musica, i balli, i
vestiti più costosi che ti riesci a comprare. Questo merita, o no? Don Luigi
dice che tutti vanno dietro alle cose del mondo e trascurano la verità, per
questo ignorano la chiesa. Non vorrei bestemmiare, pensa Tilio, ancora sulla
porta della sacrestia, la verità è Dio, va bene, ma con le cose del mondo che
cosa si fa? A Dio, secondo te, non importano? Mica ne abbiamo di altre. E
perché le ha create, se non ci devono importare? Adesso la luce si vede che sta
andandosene e forse è meglio se si incammina verso casa. Però anche oggi
durante il secondo suffragio del pomeriggio don Luigi ha insistito
sull’argomento, e don Luigi è sempre troppo sciatto. Durante la predica si è
perso un paio di volte, come sempre. Inizia un discorso e poi non lo finisce.
Riattacca a caso leggendo di nuovo una riga dalle Scritture. Don Luigi si è preso in
un tramaglio, non la finiva di criticare tutti quelli che avevano lasciato Dio
per correre dietro alle cose che non valgono niente e poi aveva aggiunto altro,
lo aveva ripetuto più volte, qualcosa come inutili, futili, qualcosa del genere,
continuava a ripeterlo. E poi ancora da capo che gli uomini abbandonano la
chiesa e cercano la felicità dove non possono trovarla. Si è ingarbugliato nel
vicolo cieco delle cose futili, inutili, vane, la vanità delle cose, ha ripetuto
più volte. Poi si è incantato. È rimasto con la bocca aperta a metà. Finalmente
ha abbassato gli occhi sulla pagina del messale e ha letto: Le mie pecore ascoltano la mia voce...
Poi da lì ha ricominciato, già un altro discorso, sulla voce di Dio. Perché non
parli a questi quattro che sono qui, si immagina di dirgli Tilio, invece di
tormentarli minacciando quelli che non ci sono? Ché poi se è tutto il
contrario? Se è stato Dio che ci ha abbandonati? Tilio va’ a casa, si
dice, mentre aspetta davanti alla porta della sacrestia, che cosa aspetta non
lo sa, che faccia buio del tutto, ecco che cosa aspetta. Come può l’uomo che di
fronte a Dio non è niente farlo sparire, pensa Tilio mentre si comanda di fermarsi
con quei discorsi che è ora di andare, al massimo l’uomo può nascondersi,
voltargli le spalle, bestemmiare, questo può l’uomo, se Dio è Dio. Allora che
cosa resta da pensare: è lui, Dio, che ha abbandonato l’uomo. Ha lasciato
questo mondo, gli ha voltato le spalle. Forse è altrove, ci sono galassie
migliori. Non può essere colpa dell’uomo, perché, grazieadio, la colpa l’uomo
l’ha sempre avuta, non è che Dio la scopre adesso. Diciamo che l’ha fatto lui,
ecco: e non lo sa allora chi è, l’uomo, non l’ha sempre saputo? Si è stancato
di giocarci. L’uomo è stato il suo giocattolo e lui si è stufato. Magari c’è
ancora, chi lo sa? Ma non si occupa più di certe cose, ha trovato qualcos’altro
per passare l’eternità. Adesso non esageriamo, pensa Tilio, questo diventa
bestemmiare. Però come può essere che l’uomo, io per esempio, abbia deciso di
abbandonare Dio? Chi sarei mai per poter decidere una cosa del genere? È lui
che non mi trova più interessante. Il buon Dio ci ha mollati qua, come
giocattoli rotti. Adesso fa davvero scuro, Tilio, si dice in un soffio, va’ a
casa.»
Era da La miglior
vita di Fulvio Tomizza (bellissimo libro, premio Strega 1977), che non mi
imbattevo in un protagonista sacrestano. Gian Mario Villalta, direttore di
Pordenone Libri, addirittura raddoppia in L’apprendista,
(SEM, editore).
Un paese di poche anime, in provincia di Pordenone, una
chiesa, la parrocchia Santa Maria degli Angeli, impreziosita da una pala del
Tiziano, tantissime messe, quasi tutte di suffragio per i defunti e pochissimi
fedeli, e due uomini, anziani e soli. Fredi, quasi novantenne, mai sposato, e
Tilio, vedovo, non lontano dagli ottanta: il capo e l’apprendista sacrista.
Un’amicizia fatta soprattutto di silenzi, di attenzioni
ruvide, di gesti goffi. Mentre le giornate e le stagioni scorrono uguali, i due
uomini, l’orso Fredi e il più
socievole Tilio, riflettono, spesso solo nella loro mente, sulla vita – «So
solo che è stata tanta, più di quella che sono stato capace di trattenere.
Anche quando sembrava poca. Più di quella che ho potuto capire» – sulla morte –
«Dobbiamo stare fermi in noi stessi. Voglio dire che è difficile sapere che si
muore e poi vivere come se non fosse così, ma è la soluzione migliore che è
stata mai trovata dagli esseri umani» – su Dio – «E c’è un bel problema, se
vuole pensarci, lei che pensa così tanto, caro Tilio: hai bisogno della fede
per capire il Vangelo e la fede te la può dare solo il Vangelo (…) Il bello del
Vangelo è che tu non lo sai proprio, non riesci a capire che cosa devi fare, ti
tocca scommettere su dove puoi arrivare a metterti in discussione. Non c’è
niente come il Vangelo, pensa Tilio, ti rovescia come un guanto.»
Un libro di grande forza, lontano dalle mode del tempo, che avrebbe meritato una copertina di impatto adeguato. Il
più bello che abbia letto nei primi mesi del 2020 (ne ho letti parecchi e
alcuni belli). Lo consiglio caldamente, soprattutto in questa Quaresima che sembra
spingere la Pasqua in un futuro più lontano e nebuloso.
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