venerdì 29 gennaio 2021

Donne tra madri, figli e dintorni: in libreria

 


Non c’è rapporto più determinante di quello di ciascuno con i genitori e con i figli. Ognuno si costituisce, prima di tutto, in relazione a sua madre (soprattutto) e a suo padre e definisce, col suo essere, parte essenziale della vita dei propri figli. Nel bene e nel male. Non sempre, forse, nel bene. Certamente, sempre, nel male.


 

In queste settimane, ho letto alcuni libri forti, intensi, ora pubblicati su questa tematica: 

La spinta di Ashley Audrain, eccezionale narrazione delle difficoltà della maternità;  

Quella notte che incombe di Antonella Lattanzi, esplorazione col ritmo del thriller di variegati sentimenti sul tema;  

Splendi come vita, appassionato atto d’amore nella prosa poetica di Maria Grazia Calandrone. 

Cui aggiungerei:  

Adesso che sei qui di Mariapia Veladiano, in cui la protagonista si prende cura della zia, malata di Alzheimer che l’ha cresciuta al posto della madre 

e un libro di qualche anno fa, che percorre il tema del fondamentalismo religioso e dove la presenza del padre è massiccia, che io ho letto in questi giorni: 

L’educazione di Tara Westover.


Tutti libri di donne. Centrati, in maniera e con stile molto diversi, su uno snodo essenziale del diventare ed essere donne: tra madri e figli.

mercoledì 20 gennaio 2021

Cosarelle: Pioggia

 


Erano settimane che Martina dormiva poco e male. Si svegliava di continuo, turbata da sogni che non ricordava e da uno spossante intorpidimento delle braccia. Una notte ch’era rimasta a lungo sveglia e inquieta, allo scoppio di un temporale presto mutato in pioggia sottile s’era accucciata nel ritmo delle gocce che scendevano lievi e aveva, finalmente, dormito d’un sonno ristoratore. Aspettò la prossima pioggia e la registrò. Da quel momento, ai riti dell’andare a letto – l’ordine preciso con cui si spogliava per poi indossare camicia da notte e calzerotti, prima quello destro, poi quello sinistro, la crema idratante sul volto, un burro cacao sulle labbra, la lucina spenta prima di infilarsi sotto le coperte – aggiunse il play al registratore. Mentre, nel buio, l’acqua sembrava avvolgere la casa, le contrazioni dei muscoli si scioglievano, il respiro si acquietava, i pensieri fluivano senz’angoscia. Addormentarsi nell’ovatta di una vita prenatale, diventò la forza, nuova, dei suoi giorni.

venerdì 15 gennaio 2021

Riparte il Pellaro Libri con "Natalino" di Caterina Malara

 


Il Pellaro libri, sospeso per pandemia nel 2020, ripartito con la presentazione, online, di Natalino di Caterina Malara. È stata un’occasione, vivace, di incontro, di confronto, di riflessione sulla nostra storia recente e sul nostro futuro, nel raccordo – così fortemente perseguito dalla dirigente scolastica dell’IC Cassiodoro – don Bosco, Eva Nicolò – tra la scuola, e il relativo impegno educativo nei confronti delle giovani generazioni, e la crescita culturale complessiva del territorio.

 


Questa la mia recensione di Natalino, pubblicata su Zoomsud* il 5 gennaio 2021.


«Chi, come me, è nato negli anni ‘50 nella periferia reggina, a ridosso delle campagne, ha avuto modo di conoscere gli ultimi lavoratori di una categoria definita “I serviceddi”. Figli di famiglie non certo abbienti, collocati a servizio presso le case dei “gnuri”.»

Figlio di Giamba e di Nata, che «lavoravano giorno e notte, si può dire, per riuscire a vivere nella maniera più dignitosa possibile», Natalino, a otto anni, già pratico di fatica nei campi e “istruito” («aveva frequentato per due anni la scuola e sapeva leggere e scrivere: poteva bastargli»), lascia la sua famiglia per trasferirsi da don Mimì e donna Lina. «Era usanza che i possidenti chiamassero a servizio presso le loro abitazioni un garzone, spesso figlio di un loro colono. La famiglia del ragazzo aveva così una bocca in meno a tavola, cosa che faceva piacere soprattutto ai fratelli che restavano, e la casa du gnuri godeva dei servigi di un factotum.»

Natalino di Caterina Malara, pubblicato da Guida editore, ne segue le vicende alternando la terza alla prima persona dell’autrice che l’ha conosciuto bambina – la casa di don Mimì non era lontana dalla sua – e ha, da adulta, ascoltato avidamente tutti i suoi racconti.

Ne viene fuori un ritratto nitido, vivido e sapido, della periferia reggina della seconda metà del Novecento, in un paese disteso tra le colline e il mare, con il suo ritmo, ancora antico, dei lavori domestici, dai dolci delle ricorrenze al bucato a mano all’allevamento dei polli, delle fatiche delle campagne – con la ricchezza, allora emergente, del bergamotto – e della pesca. Un mondo semplice, di lavoro accurato e costante, che non disdegnava le feste, in cui raccogliersi tra parenti ed amici, e la piccola bellezza dei cibi e dei ricami, e dove la distinzione di classe, tra padroni e servi, pur sensibile, si intrecciava o, comunque, non escludeva con rapporti affettivi stabili tra “gnuri” e “serbi”.

Caterina Malara segue il suo Natalino con uno sguardo affettuoso, accompagnandolo dalla casa di donna Lina e dai terreni di don Mimì alla partenza per il militare e poi al lavoro al Nord, al suo matrimonio, alla costruzione di un piccolo benessere economico e sociale lontano dalla propria terra. Dove Natalino tornava ogni estate e dove volle comprare una casa, dove sognava di vivere da pensionato e dove, invece – come è stato e continua ad essere “destino” di tanti emigrati – non è più tornato. «Sulla porta di casa sua staziona da qualche anno un cartello con scritto VENDESI.»

Un mondo che sembrava dover durare per sempre e, invece, è cambiato rapidamente. Con una colata di cemento che ha rovinato la costa, la campagna è stata semiabbandonata senza che si sia sviluppata una nuova economia, ed è continuata l’emigrazione che ha depauperato il territorio, portando, però, modernità nel rapporto tra le persone e nella nuova soggettività femminile.

Una lingua limpida e scorrevole, sobria e amorevole, che ben amalgama italiano e dialetto accompagna questa vicenda che racconta, con lineare semplicità, tutto un mondo. Arrivata tardi alla pubblicazione, Caterina Malara ha molte storie in serbo che potrebbero presto arricchire il panorama della narrativa calabrese.

 

 

*http://www.zoomsud.it/index.php/cultura/107855-mariafranco