sabato 27 marzo 2021

L'urlo del vulcano

 


Dentro e oltre il silenzio, le speranze, le paure, le stanchezze, la rassegnazione di questi giorni, c’è un urlo. Fatto di tanti cerchi concentrici di urla. Qualcuno prorompe, magari scomposto, altri restano serrati dietro labbra mute. Ma tutti stanno lì. Nell’aria di questa primavera galleggia un vulcano dai parossismi violenti.

C’è un urlo metafisico. Perché Dio ci hai abbandonati? Forse la domanda non è neppure pertinente. Se ci avesse davvero abbandonati, non avremmo avuto vaccini nove mesi dopo l’inizio del male. Eppure siamo troppo stanchi, demoralizzati. Non vediamo futuro. E, quando non c’è più futuro, si è come morti. Ci sentiamo canne sbattute da troppi venti contrari, impotenti di fronte ad un male che –così lungo, così drammatico – non riusciamo a reggere.

C’è un urlo storico-politico, fatto di tante urla. Urla all’Europa (nostra unica salvezza) che poteva fare di più e meglio per la gestione sanitaria della pandemia. Urla contro il passato governo che, certo, si è trovato di fronte una tragedia da far tremare i polsi, ma ha limiti, se non colpe, nell’affrontare il virus, che la storia certificherà. Urla contro il nostro sistema amministrativo. (Mi chiedo se non sia il caso di abolire le Regioni. Siamo uno stato geograficamente piccolo,  con abitanti in diminuzione, anzi in via di estinzione: non basta, a gestirlo, un potere centrale collegato a comuni e province?)

C’è un urlo più personale: per quello che ciascuno ha perso in termine di lavoro, relazioni, affetti, possibilità di vita. In termini psicologici, quest’anno è valso forse più di un anno di guerra guerreggiata, dove chi non ti è nemico ti è amico, mentre ora anche chi ti è amico ti può regalare un virus potenzialmente letale.

lunedì 22 marzo 2021

Strega 2021: la narrativa senza uomini

 


Tra i dodici semifinalisti dello Strega mancano almeno due libri che, al Premio, avrebbero dato lustro: Il popolo di mezzo di Mimmo Gangemi (Piemme) e Bianco è il colore del danno di Francesca Mannocchi (Feltrinelli). Determinata solo da poteri e giochi editoriali, immagino, anche l’assenza di Un’amicizia di Silvia Avallone (Rizzoli) e di Questo giorno che incombe di Antonella Lattanzi (HarpreCollins).

Dei libri rimasti in gara – scritti in maggioranza da donne (e alcuni molto belli)  – ne ho letti alcuni (non tutti). Non esprimerò le mie preferenze (Nisida fa parte della giuria che sceglie il vincitore dello Strega giovani), ma c’è un aspetto su cui sarebbe il caso di porsi qualche domanda.

Spariti o quasi i libri che affrontano i grandi temi esistenziali, sono pochi quelli che si occupano di grandi tematiche storico-sociali. Tutto o quasi si incentra sull’individuo, il microcosmo, la casa. Per più di un testo, più che la definizione di romanzo sarebbe appropriata quella di memoria, confessione, autobiografia. Ma, anche nell’ambito del personale, ci sono grossi vuoti: si pubblica parecchio di madri e di madri e figlie. Sembrano spariti o in via di sparizione gli uomini: padri e figli.

Ora – se è gran bella cosa che ci siano tante donne protagoniste – che la narrativa italiana che si ritiene di poter premiare non parli sufficientemente di uomini è un sintomo che andrebbe indagato a fondo.

domenica 21 marzo 2021

La domenica del grano

 


Ho sognato di voler comprare spighe.

Avevo capelli giovani, colore del grano maturo.

 

In un inizio di primavera grigio e piovoso,

dopo un anno scorticante,

tutto quell’oro mi appare come un bastone

che sostiene la fatica dell’andare.

 

P.S. Poi, a Messa, mi sono trovata il brano del Vangelo in cui si parla del chicco di grano che, solo morendo, dà frutto.