domenica 28 novembre 2021

Conchiglie al Circolo culturale G. Calarco

 


Quando ieri sera mi è stata indicata una pianta: “La stella è sua, si ricordi di prenderla”, ho immediatamente pensato che non avevo mai ricevuto dei fiori ad una presentazione. Non è così. Ne ho avuti tanti. Mazzi multicolorati. Composizioni eleganti. E, allora, perché, la mente mi ha suggerito un’informazione così errata? Forse perché, come può sbagliare per eccesso di ansia e/o di angoscia, la mente può confondersi per intensità di gioia e/o di gratitudine.

 


La presentazione di Conchiglie, il mio piccolo memoir pubblicato da Guida, presso il circolo G. Calarco, alla sua prima iniziativa in sede dopo la diaspora per pandemia, coordinata da Cinzia Messina, è stato un momento di intelligente e sensibile partecipazione di cui sono molto grata a tutti i tanti partecipanti e, in particolare, a Angela Curatola e Simone De Maio, da cui ho ricevuto l’invito.

 


È la prima volta che mi capita di presentare un libro, peraltro mio, a Reggio. È stato un pomeriggio particolarmente bello.

Che mi ha lasciato – anche – una domanda. Perché una città che ha tante persone preparate, competenti, piene di energie, non riesce a esprimere tutte le potenzialità che pure possiede?

 

giovedì 25 novembre 2021

Madri di Marisa Fasanella

 


“Ti ho trovata sulla spiaggia, ti ho accolta nella mia casa… Un relitto di donna con la faccia cotta dal sole e le gambe aperte, ti ho leccata e mi hai seguita come un cane orfano, ha detto quell’uomo. Venivo da un lungo viaggio, ero così stanca, avrei seguito chiunque. Ero sporca, affamata, mi hai aperto la tua casa, hai fatto scorrere l’acqua nella vasca e mi hai insaponato le spalle, il vestito profumava di mandorle amare, quando l’ho indossato”.

Un vecchio pescatore che suona l’organetto aspetta sul molo una donna, che viene da “uno di quei posti dove chiudono le donne che urlano per le strade e non si lavano e non si pettinano e la gatta andava e veniva e quando gli infermieri mi legavano al letto mi raccontava le storie, si nascondeva nella borsa rossa nell’armadio”. In quella borsa rossa, Lena custodisce “le storie appuntate sulla carta con l’inchiostro per non dimenticarle”, storie di tante donne, “trasparenti come bicchieri. Entravo nelle storie che raccontavano. Diventavo ognuna di loro.”

All’uomo che chiede, Lena racconta – quasi sussurrando in un orecchio – undici storie più una: di Magda, la cattiva madre; di Piera, che non usciva senza il suo cappello; di Laura, lago gelato; di Almira, albero ferito; di Rosetta, vicolo storto, di Clelia e del ciliegio; di Ester e la gatta; di Lucia e del cuore per lo zingaro; di Aziza, la prostituta bambina; della stessa Lena e di sua madre.

Tutte storie che rivisitano e trascendono il tema della maternità, in un romanzo di racconti che squarcia gli stereotipi, facendo esplodere contraddizioni e conflitti del più universale archetipo: quello del connubio, nel corpo stesso della madre, della vita e della morte: una discesa negli inferi delle emozioni più profonde, della violenza, talvolta della ferocia che le abitano, riscattate dal bisogno di una umana, intima solidarietà.

Con Madri, recentemente pubblicato da Castevecchi, Marisa Fasanella raggiunge la piena maturità artistica confermandosi come una delle voci più interessanti della narrativa contemporanea. Capace di rivisitare il sud al femminile con uno sguardo di assoluta universalità, grazie anche ad una lingua molto personale, barocca e austera insieme. Una narrazione dura come pietra che, come poche, colpisce emotivamente il lettore per l’intreccio tra l’elemento onirico e i drammi dirompenti che attraversano vite ingarbugliate come una matassa di lana di cui “trovi il bandolo e inizi a dipanarla e non sai mai se riuscirai ad arrivare all’altro capo del filo.”: “La vita è boh, madre, e rido, ormai scollata dalla memoria.”

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