Ha giustamente notato Antonella Boralevi sulla Stampa come l’angolo di visuale – e di giudizio – cambi di molto se si usa l’espressione utero in affitto, maternità surrogata, gestazione per altri.
A me quella corretta sembra utero in affitto, e mi appare di tutta evidenza che la condanna non
può che essere totale per una pratica che, in una certa forma, anche l’Antico
Testamento conosce – vedi Agar che partorisce un figlio ad Abramo al posto
della sterile Sara – e che, nel mio stesso paesino, non era del tutto sconosciuta
agli inizi del secolo scorso e che, oggi – con tutto ciò che scienza medica,
psicologia, sviluppo dell’umano che si accumula in noi, consapevolezza della dignità delle donne e dell'infinito valore di ogni nuovo essere ci squadernano – dovrebbe far parte, anche nel
pensiero, solo dei reperti storici, come, che so, la schiavitù.
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