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Ho letto, in questi giorni, Le terre del Sacramento di Francesco Jovine, chiedendomi perché un autore di tale spessore sia ampiamente dimenticato. Jovine, insieme a Verga, Scotellaro, La Cava e ad alcuni altri, tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento, ha raccontato, con acume e intensità, il mondo contadino, la sua fatica, il suo sudore e il sangue versato in lotte concluse con drammatiche sconfitte.
Sulla narrazione del mondo contadino negli anni duemila mi viene in mente (sarà distrazione mia) solo La nuova stagione di Silvia Ballestra, edito nel 2019 da Bompiani.
Eppure ci sarebbe tanto da raccontare. Frequento, quando posso, il mercatino della Coldiretti. Spesso, ai banchetti, ci sono famigliole, con più generazioni che vendono i loro prodotti, coppie sposate con al seguito figli giovani e qualche nonno ancora in piena attività. Persone con cui è interessante parlare. Contadini che non sono più, naturalmente, quelli narrati settanta o cento anni fa. Restituirli alla narrativa darebbe linfa e vigore alla nostra produzione libraria che, troppo spesso, sa di nulla (ripetuto).
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