Le donne nella storia della Calabria: un esempio del lungo cammino compiuto dalle donne italiane |
La mia generazione – la prima di donne che, massicciamente, sono andate a scuola – è cresciuta senza madri. La nostra formazione culturale, non quella mediata dalla famiglia, dove le madri contavano, eccome, ma quella proveniente dalla scuola e, comunque, dalla società nel suo complesso, era mutuata, tutta, dal pensiero maschile.
In questi anni – tantissimi per le singole vite, pochi in termini storici – di madri ne sono emerse tante, in ogni campo (c’erano anche prima, anche se in numero minore, ma non si vedevano proprio). La storia è svoltata: il genere maschile come genere neutro inglobante tutti ha iniziato a fare i conti con la dualità dei generi.
C’è, sì, una differenza strutturale tra uomini e donne. Barbero parla di spavalderia e sicurezze, di questioni psicologiche legate, sembra di capire, alla biologia, ma non è quella la differenza, bensì un fatto di banale evidenza: gli uomini non possono mettere al mondo bambini, le donne sì.
Anche se tuttora non abbiamo avuto una Presidente del Consiglio o una Presidente della Repubblica, il cammino delle donne italiane nell’ultimo cinquantennio è stato enorme. Basti pensare, per citare un solo esempio, che il delitto d’onore è stato abolito nel 1981.
Ma è un cammino pagato, spesso, con un taglio ad una parte
di sé. La crisi demografica che attraversiamo ha ragioni complesse, ma è legata
anche al fatto che le donne sono poste tuttora di fronte ad un aut aut, o il lavoro o un figlio, in un humus culturale che esalta la carriera ma non il valore sociale della maternità.
Il prossimo passo – che darebbe un’ampiezza diversa alla vita delle donne e vorrebbe anche dire una famiglia nuova dai compiti di cura condivisi, un’economia diversa, una società più moderna – sarebbe poter, volendo, passare all’et et.
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