giovedì 16 aprile 2020

Leggere al tempo del Covid



 
Omaggio a Luis Sepulveda, morto oggi per il coronavirus. Avrebbe dovuto essere presente al Salone del Libro di Napoli 2020

Quanti libri sono stati letti in questi quaranta giorni di “restate a casa”? Di più o di meno rispetto allo stesso periodo degli ultimi anni? Non so se si sono dati precisi e, comunque sia, non è difficile prevedere che, per l’editoria, già in difficoltà, i prossimi mesi saranno molto complicati. 

In quanti, quando ci sarà da riprendere, e con molte precauzioni, le attività normali, avranno anche la voglia e la forza di leggere? E, nel caso, che libri vorranno leggere? E torneranno alla carta o la maggiore abitudine al digitale di queste settimane farà crescere gli ebook?

Nella prima fase dell’emergenza sanitaria, la narrativa ha fatto sentire molto la sua voce: editori hanno distribuito gratis dei libri in edizione digitale; autori hanno letto su internet alcuni loro racconti; qualcuno li ha regalati in cambio di contributi volontari a ospedali; alcuni hanno pubblicato raccolte di racconti in diretta della quarantena sempre a fini di beneficenza.

Anche noi, intendo Noi-Nisida, abbiamo fatto un’esperienza in questo senso: la pubblicazione, sulla pagina fb di Con Nisida nel cuore, di racconti tratti dai libri del progetto Nisida come Parco Letterario nonché di un intero romanzo, continua a trovare un’attenzione che non ci aspettavamo. Forse, ora che, in qualche modo, siamo tutti ai domiciliari, il mondo carcere, più di prima, è sembrato non un mondo altro, ma, appunto, anch’esso, mondo.

Io ho letto meno del solito (anche perché, per esempio, non ho trovato novità calabresi da recensire per Zoomsud) ma sempre, relativamente alla situazione italiana, molto. E mi sono pure imbattuta in qualche libro bello.

Nel maggiore silenzio di questi giorni, ho avuto modo di apprezzare particolarmente la differenza tra un libro che parla e un libro che chiacchiera; tra un autore che racconta il mondo e chi non va oltre il proprio ombelico (magari narrato bene, ma sempre il suo ombelico resta); tra chi non sa uscire dall’“io”, anche quando usa la terza persona, e chi entra nelle viscere del mondo anche usando la prima. Ad osservare come molti autori, parlo di alcuni italiani sul mercato, siano visibilmente condizionati dal loro essere, mentalmente, borghesi: talora piccolo-borghesi, talaltra borghesi-elitari, con uno sguardo e un linguaggio distanti dalla “verità”.

Ho letto di meno, dicevo, ma, per la prima volta in maniera seria sto iniziando ad ipotizzare di scrivere un libro. Chissà a quanti capiterà la stessa cosa.

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