lunedì 23 marzo 2020

Cronache da un'epidemia 13





Saranno i problemi prodotti dalla crisi economica in cui ci inevitabilmente ci inoltreremo (e già non è che stessimo tanto bene) – insieme all’inedita, generalizzata, esperienza di una quotidianità compressa tra le pareti domestiche sotto scacco di un possibile, devastante, contagio – a decidere, nelle prossime settimane, il nostro futuro modo di vivere.

In questi primi quindici giorni di isolamento (per il Nord un po’ di più), abbiamo subito il colpo di una situazione inattesa, che ci ha colto ampiamente impreparati. Nei prossimi, chissà quanti giorni di ulteriore chiusura, diventeremo le persone (uguali, migliori o peggiori) che saremo quando torneremo ad uscire fuori dalle nostre case. 

Che sarà un giorno tipo quello mitizzato da Carducci nel suo primo discorso sullo svolgimento della letteratura nazionale: «V’immaginate il levar del sole nel primo giorno dell’anno Mille? Questo fatto di tutte le mattine ricordate che fu quasi un miracolo, fu promessa di vita nuova, per le generazioni uscenti dal secolo decimo? E che stupore di gioia e che grido salì al cielo dalle turbe raccolte in gruppi silenziosi intorno a’ manieri feudali, accasciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e nei chiostri, sparse con pallidi volti e sommessi mormoni per le piazze e alla campagna, quando il sole, eterno fonte di luce e di vita, si levò trionfale la mattina dell’anno Mille.»

Avranno un peso, e quale e quanto, le abitudini che si stanno assumendo o consolidando in questi giorni? Ci saranno fior di esperti che stanno immagazzinando e analizzando dati: dai cibi più consumati al numero e tipologia di libri e film richiesti, all’aumento dello share di programmi di tipo religioso rispetto alla frequenza media, delle messe domenicali.

C’è chi starà accuratamente studiando i nuovi prodotti da immettere sul mercato nella speranza di innestare, dopo la grande crisi, un nuovo miracolo economico. Chi penserà ai modi di riorganizzazione delle democrazie. Chi penserà alla ristrutturazione del diritto internazionale. 

E chi, nella propria casa, più o meno confortevole, si sforza di arrivare più o meno lucido e sereno fino a sera. Sapendo che non è detto che, se si è alzato stamattina, si alzerà anche domani. Il che vale sempre, ma fino a qualche giorno fa la nostra possibile morte in qualsiasi momento era un dato messo tra parentesi e ci si salutava con sicurezza: A domani (quand’ero bambina, si aggiungeva “Se Dio vuole”, poi la formula è scomparsa). Non so quanto la collettiva esperienza della precarietà della vita (nuova per le generazioni successive alla seconda guerra mondiale) segnerà il dopo 2020. Ma mi sembra abbastanza chiaro che il domani che verrà lo stiamo costruendo nei pensieri e nei sentimenti dell’oggi.

Nessun commento:

Posta un commento