Sulla
Lettura di ieri è apparsa una interessante mappa letteraria di Napoli curata da
Mirella Armiero. Napoli ha una straordinaria geografia narrativa. Qualche anno
fa compilai un elenco degli autori che hanno scritto sull’isola di Nisida, piuttosto
nutrito ma sicuramente arricchibile. Eccolo:
La
Dama Nisida
a cura di Maria Franco
Piccola e bellissima già nel suo nome,
Nisida è stata, nei secoli, un punto di intersezione di storie e civiltà, una
fonte costante di ispirazione per scrittori e poeti.
Per
Victor Bérard, “Nesis” non è una “piccola isola” qualunque, ma proprio “la
piccola isola”, Nisida. Secondo lo studioso, Omero
avrebbe cantato Nisida con questi versi (Odissea IX, vv. 116-124,
traduzione di Rosa Calzecchi Onesti):
Un’isola piatta davanti al porto si stende,
non vicina, né molto lontana dalla terra dei Ciclopi,
boscosa, e vi nascono capre infinite,
libere: passo d’uomini mai li spaventa,
né i cacciatori le inseguono, che tra le selve
sopportano stenti, correndo le cime dei monti.
Né da pastori son possedute, né da aratori,
ché l’isola, sempre inseminata e inarata,
d’uomini è vuota, nutre capre belanti.
e avrebbe descritto così
Porto Paone (Odissea IX, vv. 136-141):
C’è un porto comodo, dove non c’è bisogno di fune,
o di gettar l’ancora o di legare le gomene,
ma basta approdare e restare a piacere, fino a che
l’animo
dei marinai non fa fretta o non spirino i venti.
In capo al porto scorre acqua limpida,
una sorgente sotto le grotte: pioppi crescono intorno.
Di
Nisida si legge in molti autori latini.
Nell’epoca
romana hanno parlato di Nisida autori come Stazio, Plinio che esaltò i suoi
asparagi, Cicerone, Seneca.
Cicerone, nelle lettere ad Attico, dice di essere stato a Nisida
ospite di Bruto. Pare infatti accertato che Bruto abbia costruito qui una sua
residenza estiva e che sia stata organizzata in questo luogo la congiura contro
Cesare. Cassio aveva una villa poco lontano.
Annota Cicerone: “Nonis Quinctilibus veni in
Puteolanum. Postridie iens ad Brutum in Nesidem haec scripsi” (Sono arrivato a
Pozzuoli alle none [il 7] di luglio. L’altro ieri andando da Bruto a Nisida ho
scritto queste cose) e poi “In Nesida VIII Idus. Ibi Brutus” (Nisida, ottavo
giorno prima delle Idi. Qui [c’è] Bruto), e il giorno dopo: “Bruto tuae
litterae gratae erant. Fui enim apud illum multas horas in Neside, cum paulo
ante tuas litteras accepissem” (Bruto ha gradito le tue lettere. Sono stato
presso di lui molte ore a Nisida, poco prima che ricevessi la tua lettera). E
dopo qualche giorno: “Brutus erat in Neside etiam nunc, Neapoli Cassius” (Bruto
era a Nisida anche ora, Cassio a Napoli).
Scrive Seneca (Epistole a Lucilio, libro VI.53.1):
“Itaque quo celerius evaderem, protinus per altum ad Nesida derexi praecisurus
omnes sinus” (Per andarvi più rapidamente, mi diressi subito verso Nisida nel
mare aperto, per tagliare i golfi).
Nella
Naturalis Historia, Plinio osserva: “Nam quod
in Neside Campaniae insula sponte nascitur, longe optimum existimatur” (Ciò che
nasce spontaneamente a Nisida, isola della Campania, è reputato ottimo).
Anche Stazio parlò di una Nesis
“circumflua pelago” e Marziale la cantò come il luogo del tragico gesto
di Porzia (Epigrammi I.42):
Coniugis audisset fatum cum Porcia Bruti,
et subtracta sibi quaeret arma dolor,
«Nondum scitis» ait «mortem non posse negari?
Credideram fatis hoc docuisse patrem».
Dixit et ardentis avido bibit
ore favillas.
I nunc et ferrum, turba molesta, nega.
(Quando dello sposo Bruto Porzia udì il fato,
e il dolore le chiedeva un’arma negata,
«Non sapete» disse «che non si può negare la morte?
Avrei creduto che il suo destino ve l’avesse
insegnato».
Disse, e faville ardenti bevve dall’avida bocca.
Va’ ora e nega, turba molesta, il ferro)
Nel
Medioevo, Beda il venerabile
nella sua Historia Ecclesiastica Gentis
Anglorum tramanda (libro IV): “Erat autem monasterio Nisidano, quod est non
longe a Neapoli Campaniae, abbas Hadrianus vir natione Afer, sacris litteris
diligenter inbutus, monasterialibus simul et linguae peritissimus. Hunc ad se
accitum papa iussit episcopatu accepto Britanniam venire”. (Viveva nel
monastero di Nisida, non lontano da Napoli in Campania, l’abate Adriano, di
nazionalità africana, uomo diligentemente imbevuto di sacre scritture, così
come nelle faccende monastiche e esperto nella lingua. Quindi chiamatolo a sé
il papa gli ordinò di andare in Britannia, avendogli fatto accettare
l’episcopato). In realtà, Adriano, che a Nisida era giunto dopo essere fuggito
dalla Libia davanti all’invasione araba, chiede al papa Vitaliano di nominare
vescovo di Canterbury Teodoro di Tarso, che sarà uno dei più grandi arcivescovi
inglesi. A sua volta Teodoro nominò Adriano abate del monastero dei Santi
Pietro e Paolo, successivamente re intitolato a Sant’Agostino. Sotto la guida
di Adriano, che conosceva Omero a memoria e trasmise in Inghilterra la conoscenza
del greco (cfr. Reading Old English Texts
di Kateherine O’Brien O’Keefe), e grazie all’influenza di Teodosio, il
monastero divenne uno dei più importanti centri di formazione per molti futuri
vescovi ed esercitò una notevole influenza sulla cristianità del tempo. Morì il
9 gennaio probabilmente dell’anno 710 e in quel giorno viene festeggiato come
sant’Adriano di Canterbury.
Boccaccio, nel V capitolo della Fiammetta, parla di Nisida come un’isola abbondante di conigli. Nel
periodo angioino, Nisida divenne un ricercato luogo di dimora. Qualcuno dice
che anche la regina Giovanna vi abbia fatto costruire una casina di caccia.
L’interesse
suscitato da Nisida tra gli autori del ‘400 e del ‘500 è dimostrato dai
riferimenti all’isola presenti nell’opera di Pontano e Sannazzaro, che vi hanno
ambientato alcune loro opere e l’hanno rappresentata come una Ninfa, figlia di
Nereo, nata dal mare.
Pontano ne parla nella Lepidina,
la prima delle sei Egloghe.
E un canto d’amore innalza Sannazzaro, nell’Egloga Duodecima dell’Arcadia:
Dimmi, Nisida mia così non sentano
Le rive tue già mai crucciata Dorida,
Né Pausillipo in te venir consentano;
Non ti vid’io poc’anzi erbosa e florida,
Abitata da lepri, e da cuniculi?
Non ti vegg’or, più che altra, incolta ed orida?
Non veggio i tuoi recessi e diverticuli
Tutti cangiati; e freddi quelli scopuli,
Dove temprava amor suo ardenti spiculi?
L’amore
tormentato di Nisida e Posillipo è così raccontato nei versi di Bernardino Rota:
Spiega, e rivolge all’onda pura, e fresca
Pausillipo, ch’ancora piange, e sospira,
E grida. Ahi quanto invan Nisida amasti,
o Pausillipo, un tempo: ahi come spesso,
Mentre ella era a seguir le fere intenta,
Con le tue voci i suoi piacer turbasti.
Ah misero, ah dolente, a che te stesso
Cerchi perder seguendo? Indarno tenta
Ella da te fuggire: or basso, or’alto
Corre per tutto il colle e non è valla,
Né sì riposto speco, ove non entre,
Sol per campare dall’amoroso assalto.
Dovunque torce il piè, par ch’alle spalle
Ad ora ad or le sopraggiunga; e mentre
Crede lontan da te correr secura
Ogni fronde, ogni fior, che move il vento,
La fa volger’indietro; e ciò che intende,
Ciò che vede, l’apporta ombra e paura;
E quanto fugge più, tanto più lento
Le pare il corso, e se stessa riprende.
Ahi troppo incauto, ahi troppo fiero, e crudo,
Tu segui chi non fugge? Ove ne vai?
Nisida è giunta al mar, come non vedi
Nisida tua già scoglio orrido e nudo?
Ne fugge più, né più teme omai,
E pur’oltra la segui, e sì nol credi?
In epoca arcadica, Giovan Battista del Tufo descrive così la
“piccola isola”:
Più innanzi ha per custode una isoletta
colma d’ogni piacer Nisita detta
che sol per essa è ferma in mezzo al mare,
notte e dì sempre attenta a vigilare,
ove prender potreste
ogni trastul, che voi donne vorreste,
et a cento di voi mariti e figli
gli sarian dati lepori e conigli.
Nel poemetto Il podere, così dice il Tansillo, rivolgendosi al
maggiordomo della famiglia Piccolomini:
Però Nisida bella assai men costa
al vostro e mio signore; a cui Fortuna
devria far d’oro i sassi de la costa,
o donar tutto a lui, raccolto in una,
quanto tesoro, in queste parti e ‘n quelle,
per le molte arche altrui sparge e raguna.
So che quelle donne valorose e belle
E le persone dotte e virtuose
Non si dorriano si spesso de le stelle;
e Nisida, s’or’è de le vezzose
che cinga il mar da Gadi a Negroponte,
saria de le più ricche e più famose;
la qual, se in quei primi anni ebbe occhi e fronte
dolci come or, non paia strano a vui,
che ardesse del suo amor il vicino monte.
È
della seconda metà del ‘600, un’opera di A.
Perucci che contiene
questi versi:
Per Niseta pegliaie dritto la via
La falluca e ‘nnauzzatte la bannera;
E Tartarone stea co bezzaria
Tutto ‘ncriccato co na bella cera.
Nel
suo Viaggio poetico pe’ Campi Flegrei del
1813, Giulio Genoino scriveva:
Nisida che l’indomito
Bruto già tenne; e il vide
Fremere de la Patria
Su le fortune Infide.
Nisida è presente in molti
autori stranieri.
La canta Luis de Gongora:
Trompa Triton del aqua a la
alta greta
de Nisida tributa
Nimpha por quin lucientes
son corales.
Canta Tritone del mare sull’alto burrone
Di Nisida rendi omaggio
Alla ninfa per la quale brillano i coralli.
Ne
parla Calderon de la Barca nelle Obras Escogidas , in particolare in The Two
Lovers of Heaven Chrysanthus and Daria, e in Nadie fíe su secreto in cui Nisida è una dama.
Anche
Cervantes, nella Galatea, ne parla come di una bellissima
donna, che fa innamorare due amici: “Silerio, raggiunto a Napoli l’amico
Timbrio, fuggito di Spagna per una faida scoppiata tra famiglie rivali, si
impegna a intercedere per lui presso la bellissima Nisida; ma ben presto anche
il suo cuore si accende per la fanciulla, alla quale però non confessa il suo
amore per non tradire la fiducia dell’amico. Nisida ricambia di buon grado i sentimenti
di Timbrio e quando questi partecipa ad un’impresa di guerra, chiede a Silerio
di comunicarle la salvezza dell’amato con un segno convenzionale. Silerio
dimentica il segnale e Nisida cade a terra, creduta morta da tutti. Timbrio
disperato torna in Spagna seguito da Silerio che invano lo cerca per averne il
perdono e si ritira infine in penitenza”. (Ilide Carmignani, Dizionario dei capolavori, Enciclopedia
Europea Garzanti)
W.P. Waiblinger, giovane poeta tedesco, nel 1827 descrive Nisida
così: “Simile al fanciulletto dalle tonde guancie vermiglie che non osa ancora
dilingarsi dalla madre, tu spunti graziosa dal grembo dell'onde scherzose e ti
stringi infantilmente peritosa alla tua madre, la terra”.
Alexandre Dumas padre, che parla di Nisida anche nella Sanfelice, raccoglie nei Crimes Célèbres una novella intitolata Nisida, per la cui scrittura si avvalse
di un collaboratore, Pier Angelo Fiorentino. Nella novella, Nisida è ancora una
volta una bella fanciulla, figlia di un pescatore, il cui onore è messo in
pericolo da un principe, ucciso dal fratello di lei, a sua volta ucciso dal
padre per evitargli un processo che trascinerebbe anche la ragazza in uno
scandalo. “Il volto inondato dalla luce, i piedi nascosti sotto un mucchio di
ginestre e di rose, Nisida – vi si legge – si stagliava grande e bella contro
una chiara nuvola d’incenso, come una celestiale apparizione. (…) Nisida (…)
era (…) il più bel fiore dell’isola da cui aveva preso il nome. Quest’isola è
il luogo più incantevole, l’angolo più delizioso che conosciamo; è un cesto di
verdura posato con grazia nel bel mezzo delle acque pure e trasparenti del
golfo, una collina ricoperta di aranci e di lauro rosa, coronata, in cima, da
un castello di marmo. Tutt’intorno si stende la magica prospettiva di questo
immenso anfiteatro, una delle più grandi meraviglie della creazione. E’ Napoli,
la voluttuosa sirena, mollemente adagiata sulla riva del mare…”.
Appare
anche nella Corinne di Madame De Stael, in Graziella di Lamartine e nelle Nouvelles méditations poetiques dello
stesso autore, in Gerard De Nerval, in Jettatura di Theophile Gautier, nelle opere di George Eliot, e
nella Strega acquatica di James Fenimore Cooper.
Jane
Catherine Gamble è autrice di un dramma
in cinque atti, Il pescatore di Nisida.
Matilde Serao scrive nella La
leggenda dell’amore pubblicata nelle Leggende
napoletane: “Vi fu una volta un giovanetto leggiadro e gentile, nel cui
volto si accoppiava il gaio sorriso dell'anima innocente, al malinconico
riflesso di un cuore sensibile: egli era, nel medesimo tempo, festevole senza
chiasso e serio senza durezza. Chi lo vedeva, lo amava; e la gente accorreva a
lui, come ad amico, per allietarsi nella sua compagnia. Ma il bel giovanetto fu
molto, molto infelice; gli entrò nell’anima un amore ardente, la cui fiamma,
che saliva al cielo, non valse ad incendere il cuore della donna che egli
amava. Era costei una donna di campagna, cui era stato dato in dono la bellezza
del corpo, ma a cui era stata negata quella dell’anima: ella era una di quelle
donne incantatrici, fredde e malvagie che non possono né godere, né soffrire.
Paiono fatte di pietra, di una pietra levigata, dura e glaciale; vanno in
pezzi, ma non si ammolliscono; cadono fulminate senza agonizzare. Tale era
Nisida, colei che fu invano amata dal giovinetto; poiché nulla valse a
vincerla. Allora lui che si chiamava Posillipo, amando invano la bella donna
che viveva di faccia a lui, per isfuggire a quella vista, che era il suo
tormento e la sua seduzione, decise precipitarsi nel mare e finire così la sua
misera vita. Decisero però diversamente i Fati e rimasto a mezz’acqua il bel
giovanetto, vollero lui mutato in poggio che si bagna nel mare; ed ella è uno
scoglio che gli è dirimpetto: Posillipo, poggio bellissimo dove accorrono le
gioconde brigate, in lui dilettandosi, Nisida destinata ad albergare gli
omicidi ed i ladri, che gli uomini condannano alla eterna prigionia – così
eterno il premio, così, eterno il castigo”.
Benedetto Croce in un articolo su Napoli
nobilissima descrive il
penitenziario a forma rotonda, a tre piani.
Del
penitenziario aveva in precedenza parlato anche Luigi Settembrini nelle Ricordanze della mia vita.
Anche Hector
Berlioz ha lasciato nel
suo diario belle pagine sulla sua visita dell’isola di Nisida. Passeggiando
sulla riva, pensando prima a Tasso, poi ad altri poeti d’amore, si ricorda della Galatea
e vuole visitare l’isola che porta il nome dell’affascinante fanciulla del
poema pastorale. Prova a noleggiare una barca e gli chiedono un prezzo esorbitante,
circa 30 franchi, che lui paga ma per avere ben otto vogatori: raggiunge
l’isola in un lampo, dove si ferma a godere il panorama, accompagnato da un
soldato francese che gli spiega le caratteristiche dell’isola, chiedendogli in
cambio di pregare per lui.
L’isola
è presente anche nel diario di viaggio di Felix
Mendelssohn
nonché nel Viaggio in Italia di Hippolyte Taine e appare in
un’operetta omonima di Franz Friedrich Richard Genée.
La favorita di Gaetano Donizetti è la ripresa di L’angelo di Nisida, mai rappresentato.
Nel
1848 fu messo in scena un balletto pantomima dal titolo Nisida o le Amazzoni delle Azzorre (librettista Delavigne, musica
di Benoist, coreografia Mabille, scenografia Ciceri, Philastre, Cambon Thierry,
costumi Lormie)
Nisida
è presente anche in molti autori del ‘900, per esempio, Grazia Deledda (Il nostro padrone), Anna Banti (Noi credevamo), Elsa Morante (L’isola di Arturo).
Di Nisida parla Sandor
Marai , nei suoi Diari.
Così, nella sintesi di Elisabetta Rasy: “Quasi quotidianamente scende lungo via
Posillipo per raggiungere il Parco Virgiliano, tappa d’obbligo per i
viaggiatori sette-ottocenteschi del Grand Tour. L’osservazione si trasforma in
visione: ‘Lungo i sentieri più alti del Parco Virgiliano un pastore conduce un
grande gregge di pecore. Il pastore impugna un bastone nodoso dal manico
ricurvo, le pecore belano pacificamente mentre si aggirano tra le pietre della
villa che un tempo fu di Virgilio e di Lucullo. Da queste parti si sperimenta
ancora nella realtà della vita quotidiana ciò che in Omero e Virgilio si è
trasformato in mito’. Altre volte da via Ricciardi sale fino alla cima di
Posillipo, con la vista che spazia sui golfi di Napoli e Pozzuoli e sull'
isolotto di Nisida, stupefatto dalla mitezza dell’inverno napoletano. È una
figura singolare e gli abitanti del luogo cominciano a riconoscerlo e a
fantasticare sullo straniero. ‘Siedo senza cappotto sul parapetto di pietra
sopra il golfo che circonda il porto di Nisida. I miei amici, i fiorai di
Posillipo, mi salutano affettuosamente. Negli ultimi tre anni ci siamo visti
quasi tutti i giorni. Con il passare del tempo sono salito di rango. All’inizio
ero il professore, poi hanno cominciato a chiamarmi commendatore. Da qualche
tempo sono il Signor Conte’”.
Edoardo Bennato ha dedicato a Nisida una famosa canzone, Nisida appunto, che gioca proprio sul
suo status di “isola – non isola”:
No no no no, quando arriva
l’estate
no no no no, non lasciatevi suggestionare
dai cataloghi che vi parlano di isole incantate
e di sirene-e in offerta speciale
No no no no, non cercate lontano
quello che avete qui a portata di mano
a questo punto vi starete certamente
chiedendo
chissà stavolta questo dove vuole andare a parare...
Venite tutti a Nisida, ya ya ya ya ya Nisida
ya ya ya ya ya Nisida un’isola e nessuno lo sa!...
No no no no, niente voli speciali
e neanche traversate intercontinentali
per arrivarci basta solo la
Cumana
Nisida così vicina così lontana
Coi suoi giardini e il porto naturale
con l’Italsider alle spalle che la sta a guardare
Nisida sembra un’isola inventata
ma mio padre mi assicura che c’è sempre stata!...
Venite tutti a Nisida, ya ya ya ya ya Nisida
ya ya ya ya ya Nisida un’isola e nessuno lo sa!...
Non un problema ecologico per carità
Nisida un classico esempio di stupidità!...
Venite tutti a Nisida, ya ya ya ya ya Nisida
ya ya ya ya ya Nisida un’isola e nessuno lo sa!...
Molti
i riferimenti a Nisida, questa volta, in relazione alla presenza del carcere
minorile, anche in opere recenti, per
esempio, La città perfetta di Angelo Petrella.