Sono una donna.
Sono (stata) un’insegnante.
Sono una pubblicista.
Ho un blog.
Ho curato dei libri.
Mi sono occupata di questo e di quest’altro.
Sono una figlia, una moglie e una madre.
La mia è stata la prima generazione di donne che ha potuto scegliere se diventare madre o no. L’ha fatto col sottinteso, socialmente crescente, che tutto il resto è valore e la maternità un disvalore: una contrazione di possibilità, qualcosa che toglie opportunità di vita.
Lo considero – oggettivamente – un passaggio probabilmente indispensabile, e contemporaneamente perdente, all’affermarsi non solo di una piena soggettività femminile, ma anche di una famiglia e di una società migliore.
Personalmente, tutto quello che ho studiato, scritto, letto, fatto, non vale un solo respiro di mia figlia.
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