Dei tanti bei ricordi che ho di Giorgio Napolitano – uno dei uno dei tre Presidenti della Repubblica che, insegnando a Nisida, ho avuto modo di incontrare, ma anche un parlamentare che ho avuto il piacere di poter votare – oggi ne privilegio uno. Un incontro al Quirinale nel grande Salone dei Corazzieri, nel febbraio 2011. Tra giornalisti noti (c’erano, tra gli altri Gramellini, che tenne una prolusione, l’Annunziata, la Gruber) e persone che avevano a che fare con la “comunicazione sociale”, ero stata invitata anch’io. Quando l’incontro finì e il Presidente venne affiancato dai corazzieri per tornare nel suo studio, mi feci largo tra i capannelli di gente che parlottavano e provai a chiamarlo: Presidente, Presidente. Non si voltò e le guardie del corpo mi sospinsero indietro. Allora ci riprovai: Presidente, sono di Nisida. Napolitano si girò, si fermò, mi fece cenno che potevo parlare. In una manciata di secondi gli raccontai che stavamo facendo un lavoro su Nisida e l’Unità d’Italia, gli diedi in mano (con orrore della guardia del corpo) alcuni degli scritti che avevamo già prodotto, e lo pregai che, per la fine di quel lavoro venisse a trovare i ragazzi (c’era già venuto da Presidente della Camera e, da Presidente della Repubblica, ci aveva ospitato a Castel Porziano). Non ripose, rimase apparentemente impassibile, eppure era lampante che quella connessione “Nisida e l’Unità d’Italia” l’aveva emozionato e che, a Nisida, sarebbe venuto presto.
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