QUANTO È STRANO QUEST’UOMO
Pensieri sparsi di un soldato romano su Gesù
1.
È stato Marco, il mio schiavo più giovane e bello, che mi ha parlato di Lui. L’avevo mandato sulla spiaggia a controllare che il pesce migliore fosse portato immantinente al mio cuoco perché avevo ospiti di riguardo. E Marco tornò affannato per la corsa e con gli occhi brillanti. Disse: Padrone, sulla riva c’era un uomo giovane e bello – non aveva le forme perfette di Apollo, ma negli occhi una luce come se gli occhi tutti gli dei splendessero nei suoi – e stava parlando con dei pescatori. Ho pensato che volesse il pesce che tu avevi richiesto e mi sono avvicinato. Ho sentito che diceva: Venite dietro me, vi farò pescatori di uomini. Loro hanno lasciato lì le reti piene di pesci e l’hanno seguito. Sono stato io a togliere i pesci dalla rete e a portarli in cucina.
È vero che, di tutti i popoli dove ho servito l’Impero, questi ebrei sono proprio strani, adoratori di un solo Dio, in attesa che arrivi il Messia liberatore, sempre in gruppetti appresso ad un maestro. Ma uno che diceva a dei pescatori di lasciare il lavoro che lui li avrebbe fatti pescatori di uomini, e loro gli ubbidivano, ancora non l’avevo visto e sentito. Ho cominciato a seguirlo per curiosità, ma ho convinto i miei superiori che era prudente metterci un occhio. Discretamente, certo: i romani dominano con intelligenza e prudenza.
2.
Nella sinagoga ha guarito un indemoniato. La folla si faceva domande su di Lui. Per quanto nulla mi stupisca – vi dirò che i riti li rispetto tutti, perché così deve fare un cittadino e un soldato romano, ma il cuore non ce lo metto a nessuna divinità – vedere un uomo contorcersi e urlare, con voce di animale non d’uomo: Che vuoi da noi, Gesù nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio! – mi ha fatto impressione. Intanto l’uomo parlava come se fossero molti e si rivolgeva al guaritore come se fosse direttamente inviato dal Dio, ma chiedendo non guarigione ma di essere lasciato nel suo male. Il male uscì da lui come un vento potente lasciandolo affaticato e timoroso. Negli occhi di tutti c’era la paura che suscita Giove quando lancia la sua saetta sui mortali, ma nessuno andò via. Anzi, la sera, davanti a casa di Simone – dove per breve tempo s’era ritirato – portarono davanti a Lui malati e indemoniati e li guariva. Io guardavo e, sebbene nulla mi stupisca, stupivo. Perché ho conosciuto molti maghi e so che adoperano molte astuzie per sedurre le persone, ma Lui non sembrava agire per astuzia né per interesse.
3.
Qualche giorno dopo ho visto che gli scendevano un paralitico dal tetto di frasche per superare la folla che, in casa, l’attorniava. Lo guardò e disse: “Ti sono perdonati i peccati”. Che se ne importa uno, paralitico, che gli perdonino i peccati? Vuole solo poter camminare, no? E, poi, che sono i peccati? L’ho già detto: sono strani questi giudei che si battono il petto chiedendo perdono al loro unico Dio delle loro colpe, più saggi siamo noi romani che conosciamo i riti ma nulla sappiamo di colpe. Anche i giudei ci rimasero a quel “ti sono perdonati i peccati” – per loro, i peccati li perdona solo il loro Dio e, così parlando, il giovane dai occhi luminosi si faceva Dio – e si guardavano tra loro, in silenzio. Lui li fissò con i suoi occhi di diamante e domandò: “È più facile dire: Ti sono perdonati i peccati o Alzati e cammina?”. E rivolto al paralitico disse: “Prendi la tua barella e va via”. E il paralitico si alzò e camminò, portandosi dietro quel letticciolo ch’era stato la sua condanna e ora poteva essere solo il suo riposo. E, sì, Lui si era comportato come Dio ed io non capivo dove stava il trucco, anzi pensavo che trucco non ce n’era. E di me mi stupivo più che di Lui.
4.
Non riuscivo a seguirlo sempre. Andava e tornava, era sempre per strada con i suoi discepoli. Guariva e parlava. Parlava e guariva. Non aveva riposo. Vennero a cercarlo i suoi parenti per riportarlo a casa, ma Lui negò che a quelli dovesse rispetto e onore. C’era sua madre tra quelli ch’erano venuti a prenderlo, ma Lui guardò chi gli stava seduto intorno e disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli”. E, ancora una volta, stupirono i giudei che hanno forte il senso dell’appartenenza familiare e stupii anch’io, che mai mi sarei permesso di negare attenzione in pubblico a mia madre. Ma quello che diceva bisognava interpretarlo. Era come l’oracolo di Delfi o come la Sibilla: parlava oscuro, Lui diceva che parlava in parabole perché non tutti intendessero le sue parole.
5.
Ero tra la folla che lo seguiva, dimentica anche di mangiare e dormire, quando ha benedetto due pesci e cinque pani. Tutti hanno avuto cibo in abbondanza e, di quanto è sovrabbondato, sono rimaste intere ceste. Anch’io ho assaggiato quel pane e quel pesce: un solo boccone mi ha saziato e mi è rimasto sul palato un sapore che mai, neppure nei banchetti di festa, avevo avvertito. Ancora una volta mi sono chiesto chi fosse e cosa volesse. Un uomo che può moltiplicare il pane può diventare un grande pericolo anche per l’augusto signore di Roma. Chi non seguirebbe un uomo che gli dà pane a volontà senza farlo neppure lavorare, basta che sta lì ad ascoltarlo? Quando avrà migliaia di uomini dietro di sé dove li condurrà?
6.
Sul monte fece un discorso lunghissimo che sembrava anche un programma elettorale. Chiamava beati i poveri, quelli che piangono, i miti, i misericordiosi – tutti i poveri disgraziati, insomma – parlava come uno che non capisce che il mondo è dei ricchi, di quelli fortunati e forti o come uno che vuole ribaltare le regole del mondo e non sa che chi vuole ribaltare le regole del mondo è presto ridotto in cenere da chi ha il potere.
E ha parlato di una giustizia più grande di quella praticata nel mondo dei padri, che non solo va evitato il gesto violento ma anche la parola che offende o solo prende in giro. Nessuno sano di mente potrebbe negare che nel governo del mondo la violenza ha una parte necessaria, che chi può esercitare più forza è vincente. E ha detto pure che non si può ripudiare la moglie, che è illecito il divorzio: e, qui, ho dovuto trattenermi perché mi veniva proprio da ridere.
Ma ne ha dette tante altre di cose strane. La più strana che bisogna amare i nemici. Come cittadino romano, rispetto familiari e amici, i nemici li combatto con astuzia, se basta l’astuzia, con le leggi e le armi se necessario. Non capisco che c’entra l’amore, che è cosa di poeti. Ha detto pure di non preoccuparsi del cibo e del vestito, ma delle cose di lassù. Ma di che si dovrebbe occupare un cittadino romano se non del benessere particolare di tutta la sua famiglia nel benessere complessivo di tutto l’Impero?
7.
Si riferisce sempre al cuore. Dice che non bisogna comportarsi bene per farsi vedere dagli uomini ma perché è giusto così davanti a Dio. Loro hanno un solo Giove che comprende tutti gli dei, Ares e Apollo, Minerva e Nettuno, Marte e Mercurio, Venere e Giunone, ma non lo nominano. Lui non solo lo nomina, ma lo chiama Padre. Dice che bisogna pregare il Padre perché venga il suo regno – e qui di nuovo appizzo le orecchie, che di regno, anzi di impero basta quello di Roma. E al Padre, dice, bisogna chiedere che rimetta i debiti – sempre con questa storia delle colpe in questo paese, sembra proprio che siano tutti difettosi. E al Padre bisogna chiedere che non manchi il pane. A Roma il pane non manca. Cesare fa arrivare grano, abbondante, dalla Sicilia, ci cono molte panetterie e i fornai sono rispettati. Se mai non ci fosse pane a sufficienza, l’impero correrebbe un pericolo mortale. Qui usano il pane azzimo, senza lievito, che non è buono come il nostro. Tra i miei servi ho avuto un cuoco greco che con la farina faceva meraviglie. Il pane è lavoro di tanti e tutti, secondo il loro ruolo, ne devono avere. Che c’entra Dio col pane non l’ho capito, certo che Lui col pane c’entra, l’ho visto io stesso moltiplicare i pani.
8.
La parabola dei talenti mi è piaciuta. Questa cosa che a chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha mi sembra sensata. Chi sa accumulare ricchezza è degno di condurre gli affari dello Stato. Non mi è piaciuta quella degli operai che hanno lavorato nella vigna chi sei ore, chi quattro, chi due, e hanno avuto la stessa mercede: un’ingiustizia bella e buona. Eppure Lui dice che è giusto così. L’ho detto e ridetto che è una persona strana.
9.
Ha pure detto che un pastore che ha cento pecore e ne perde una lascia le novantanove per cercare quella perduta. Ma nessun pastore, a meno che non sia pazzo, metterebbe a rischio novantanove pecore per recuperarne una. Si è pure paragonato ad un pastore, dicendo che Lui è il buon pastore che conosce le sue pecore e le pecore conoscono Lui. Ma non ha nulla del pastore e neppure del falegname (dicono che suo padre è falegname e che anche Lui aiutava in bottega): sebbene non sembra dargli importanza, il suo è l’aspetto di un nobile. Le sue vesti sono semplici ma non povere e le sue mani sono forti eppure delicate. Quando dice cose così, poiché mi sembra strano sì, ma non pazzo, penso che voglia dire cose che non capisco. Magari è un sapiente come certi rabbini o certi pensatori greci. E ringrazio gli dei che ai romani hanno dato capacità di costruire strade e acquedotti e di dare leggi a popoli diversi senza perdersi in tante strologherie.
10.
Entra nelle case di chi lo invita a mangiare, partecipa alle feste, frequenta la sinagoga lasciando spesso stupefatti o scandalizzati i pii ebrei che sentono un messaggio diverso – nuovo, dice Lui – rispetto alle loro credenze, ma sta volentieri con gente difettosa: lebbrosi, sordi, ciechi, paralitici, li cura e li guarisce. Ma non sembrava un mago. I suoi occhi sono laghi di profondità abissale, la sua voce, profonda e pacata, sembra un soffio ma scuote come un vento impetuoso che piega la cima degli alberi e spesso ordina di tacere la sua fortuna al guarito, che, invece, parla, parla. È come se volesse convincerti solo con le sue parole, e ai gesti di cura lo costringessero non la voglia di farsi clienti e proseliti, ma una compassione per il dolore che mi è capitato di vedere solo nelle madri, anzi solo in qualche madre.
11.
La parabola del ricco epulone mi ha fatto una grande impressione, forse perché ai Lari e ai Penati sono sinceramente devoto e mi aspetto che proteggano me e la mia famiglia da ogni male, anche dal male che involontariamente potrei fare io stesso. E c’è un’altra parabola che mi torna spesso in mente. Quella del samaritano che aiuta l’uomo incappato nei briganti. Anche a me è capitato di aiutare persone sconosciute. Ma non perdonerei mai l’amico traditore, il familiare che mi facesse torto. Altro che porgere l’altra guancia a chi ti ha dato uno schiaffo o dare il mantello a chi cerca di togliertelo.
12.
Quel giorno c’era davvero tanta gente intorno a lui. Arrivò Giairo, uno dei capi della sinagoga e gli chiese aiuto perché sua figlia stava morendo. Gesù gli fece cenno di precederlo e andò con lui, la folla lo seguiva. Pensavo che Gesù andasse in fretta verso la casa dove la fanciulla lottava con la morte. Invece, dopo pochi passi, mentre la folla gli si accalcava addosso si fermò. Aveva una voce dolce, di solito, ma non sempre. Qualche volta c’era rabbia o comando. Anche in quel momento la sua voce era quella di un uomo molto seccato. Chiese chi gli avesse toccato il mantello. I discepoli che gli stavano intorno come una guardia d’onore lo guardarono sbigottiti. Nessuno disse, ma tutti pensarono che pretendeva troppo. In quella confusione come riconoscere chi l’avesse toccato? Una donna si fece avanti e disse: “Ti ho toccato io.” E spiegò che sperava così di guarire da dodici anni di mali, che medici e medicine avevano lasciato intatti. Lui la guardò e disse: “Sii guarita. Vai in pace.”
Tratta le donne come se fossero pari agli uomini – cosa inaudita. Pure tra quelli che lo seguono ci sono anche donne, uno scandalo che pare accettato sia dai suoi che dalla folla. Le matrone romane sono dominae, signore ma, in una compagnia di uomini, non se ne trovano.
Mentre Gesù parlava con la donna, arrivarono messi dalla casa di Giairo per dire che la fanciulla era morta. Ma Gesù disse a Giairo: Abbi fede, e riprese a camminare. Cosa successe dentro la casa io non l’ho visto, ma ho sentito i lamenti diventare canti di gioia. La giovinetta si era alzata e mangiava. Io sono forte, non ho paura del sangue e della morte. Mi è capitato di uccidere in battaglia e mi capiterà ancora. Ma anch’io ho una figlia giovinetta e non sopporterei che le succedesse qualcosa di male. Se quest’uomo riesce a sconfiggere la morte, allora lo seguiranno più di quelli che cercano pane? È davvero un uomo pericoloso per il potere romano? Ma io, io? Chi è Lui per me?
N.B. Avevo appuntato questa bozza per un progetto poi sospeso. Mi piace, però, condividerla.