venerdì 10 aprile 2020

Un indimenticabile Venerdì Santo



Da "Resistenza e resa", lettera da Tegel di Bonoeffer ai genitori nell'imminenza della Pasqua

A Occhio, la chiesa era una sorta di cappellina dedicata alla Madonna dell’Abbondanza: che, con suo manto nero (almeno, io lo ricordo così) e il suo fascio di spighe in braccio, non era lontana da una Demetra e, soprattutto, era pressoché identica alle donne del paese. Madre e sorella delle contadine che pregavano Ave Maria, grazia prena. Distorcendo il latino (la lingua in cui pregavano allora tutti, anche gli analfabeti), il plena (piena), diventava prena (incinta: usato, indistintamente per donne e mucche), che, a pensarci adesso, altro che errore: incinta di grazia è decisamente di più che piena di grazia. 

Il Rosario si concludeva con il Salve Regina, che, nel mio ricordo, suona con il ritmo italiano del dopo Concilio, quando ormai c’era una chiesa parrocchiale, più grande e moderna di quelle della zona, e, il Giovedì Santo, il Sepolcro (che solo dopo molti anni divenne altare della Deposizione) traboccava di grano: una delle immagini della mia infanzia di cui sono più grata. Nessuno, in quella società che restava contadina, anche se accennava a diventare qualcosa di diverso, dubitava che stavamo, come recita il Salve Regina, in una valle di lacrime. 

Una frase che, crescendo, ho sentito, più di una volta presa in giro: come di un’evidente stupidità di fronte ai piaceri e alle felicità della vita. Una presa in giro meritata per una sorta di dolorismo cattolico (che, nel corso degli anni è scomparso), eppure sbagliata. 

Questo particolarissimo Venerdì Santo dà evidenza al nostro essere creature fragili, dall’esistenza sempre in pericolo, immersi in un mondo in cui non c’è istante in cui il pianto di tantissimi non sia un’onda più alta di quella dei nostri oceani. 

Che si speri o no in una Resurrezione, c’è un compito che dovrebbe accumunare tutti: asciugare le lacrime, diminuire il dolore che si può diminuire (quello provocato dalle ingiustizie storiche, dei sistemi politici ed economici), rispondere ad ogni segno di morte con un di più di vita. (Che nulla a che fare con la dissipazione dell’esistenza e molto col suo orientamento a ciò che è bello e buono)


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