Omaggio a Luis Sepulveda, morto oggi per il coronavirus. Avrebbe dovuto essere presente al Salone del Libro di Napoli 2020 |
Quanti libri sono stati letti in questi quaranta
giorni di “restate a casa”? Di più o di meno rispetto allo stesso periodo degli
ultimi anni? Non so se si sono dati precisi e, comunque sia, non è difficile
prevedere che, per l’editoria, già in difficoltà, i prossimi mesi saranno molto
complicati.
In quanti, quando ci sarà da riprendere, e con molte
precauzioni, le attività normali, avranno anche la voglia e la forza di
leggere? E, nel caso, che libri vorranno leggere? E torneranno alla carta o la
maggiore abitudine al digitale di queste settimane farà crescere gli ebook?
Nella prima fase dell’emergenza sanitaria, la
narrativa ha fatto sentire molto la sua voce: editori hanno distribuito gratis
dei libri in edizione digitale; autori hanno letto su internet alcuni loro racconti;
qualcuno li ha regalati in cambio di contributi volontari a ospedali; alcuni
hanno pubblicato raccolte di racconti in diretta della quarantena sempre a fini
di beneficenza.
Anche noi, intendo Noi-Nisida, abbiamo fatto un’esperienza
in questo senso: la pubblicazione, sulla pagina fb di Con Nisida nel cuore, di racconti tratti dai libri del progetto Nisida come Parco Letterario nonché di
un intero romanzo, continua a trovare un’attenzione che non ci aspettavamo.
Forse, ora che, in qualche modo, siamo tutti ai domiciliari, il mondo carcere,
più di prima, è sembrato non un mondo altro,
ma, appunto, anch’esso, mondo.
Io ho letto meno del solito (anche perché, per
esempio, non ho trovato novità calabresi da recensire per Zoomsud) ma sempre, relativamente alla situazione italiana, molto.
E mi sono pure imbattuta in qualche libro bello.
Nel maggiore silenzio di questi giorni, ho avuto modo
di apprezzare particolarmente la differenza tra un libro che parla e un libro che chiacchiera; tra un autore che racconta
il mondo e chi non va oltre il proprio ombelico (magari narrato bene, ma sempre
il suo ombelico resta); tra chi non sa uscire dall’“io”, anche quando usa la
terza persona, e chi entra nelle viscere del mondo anche usando la prima. Ad osservare
come molti autori, parlo di alcuni italiani sul mercato, siano visibilmente
condizionati dal loro essere, mentalmente, borghesi:
talora piccolo-borghesi, talaltra borghesi-elitari, con uno sguardo e un
linguaggio distanti dalla “verità”.
Ho letto di meno, dicevo, ma, per la prima volta in
maniera seria sto iniziando ad ipotizzare di scrivere un libro. Chissà a quanti
capiterà la stessa cosa.
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