Visita Guidata al Sito Archeologico di Occhio, febbraio 2020 |
Allo sguardo distratto di chi ci passa (e anche di chi
ci vive), Occhio non è che una striscia di strada, con le case addossate sulla
sinistra, andando dal centro di Reggio verso il quartiere di Pellaro, e una
conca di mare che, da bellissima – con la spiaggia di sabbia finissima, i
canneti e le brucare – si è via via ristretta e non manca di scarichi a vista e
di orride sbarre carcerarie.
Eppure, la storia, quella grande, ha intersecato pure
questo minuscolo luogo di Calabria.
In questa baia si fermò la flotta che avrebbe combattuto
a Lepanto e, secondo la leggenda, vi naufragò un vascello che trasportava un
quadro, quello della Madonna
del Lume, che, rimasto miracolosamente intatto, venne portato in una contrada pellarese
che prese, appunto, il nome di Lume. Vi era un porto romano, Porto Bolaro, che,
adesso, dà il nome ad un centro commerciale. In corrispondenza della baia, dove
pirati saraceni arrivavano e rapivano bambini (ce n’è traccia anche nella mia
storia familiare), c’è, riportato alla luce da un po’ di anni, un sito romano.
Una traccia, piccola ma importante, del
nostro passato. Per molto tempo trascurato, negli ultimi mesi, prima della
pandemia, valorizzato con visite guidate da parte dell’associazione di protezione
civile Garibaldina di Motta San Giovanni.
Nella scorsa estate, Caterina Malara – partendo
da una mia suggestione (cresciuta per l'attenzione di Nino Ferrara) – ha scritto un testo teatrale che permettesse ai
bambini delle scuole elementari del circondario di mettere in scena la vita che
vi si svolgeva in epoca romana. Il nostro obiettivo era (è) quello di far
cogliere ai piccoli che la loro “periferia” è tutt’altro che “periferica” e di
stimolare gli adulti (a partire dai genitori) alla cura del territorio. L’idea
venne accolta, con la grande sensibilità didattica che la contraddistingue, dalla
dirigente scolastica Eva Nicolò, che già, come il suo predecessore Giovanni
Marcianò, aveva aperto la scuola al Pellaro
Libri, nella doppia versione estiva e invernale.
Prima della fine dell’anno scolastico in
corso, avremmo vissuto un pomeriggio particolare: nel segno del “riappropriarci”
della nostra storia per costruire un futuro migliore. La pandemia ha reso
impossibile quel pomeriggio, come l’avevamo ipotizzato.
Caterina Malara ed io lo vogliamo, però, condividere con voi, almeno virtualmente.
Caterina Malara ed io lo vogliamo, però, condividere con voi, almeno virtualmente.
IL VASAIO DI OCCHIO
di Caterina
Malara
da un’idea
di Maria Franco
Atto unico
Personaggi:
LUCIO il vasaio
DELIA moglie del vasaio
GAIO e TULLIA figli del vasaio
PUBLIO mercante
GIULIA figlia di Augusto
EMILIA amica di Delia
FLAVIO, MARCO, DECIO collaboratori
del vasaio
FULVIA, FLAVIA ancelle di GIULIA
VALERIO centurione
LUCILLA collaboratrice di Delia
COMPARSE
La vicenda è ambientata nel sito archeologico di Occhio di Pellaro, luogo in cui sono stati ritrovati reperti di notevole interesse risalenti ai secoli I°, II° e III° a.C., esposti al Museo Archeologico di Reggio Calabria, nonché i resti di una fornace ed una vasca collegata alla lavorazione dell’argilla.
Cortile
antistante casa e laboratorio del vasaio
Idi di
Luglio (giorno 15) del 7 d. C., pomeriggio
(Lucio
esce dal laboratorio accaldato, si siede su uno sgabello asciugandosi il
sudore)
LUCIO:
Questo è il luglio più caldo
della mia vita! E l’estate è ancora lunga, dovremo soffrire chissà quanto!
(alzando gli occhi al cielo) Giove
Pluvio, ascolta le mie preghiere, manda un po' di pioggia! (rivolto verso la
porta di casa) Delia, ti prego, portami qualcosa di fresco , ho una sete
pazzesca e non posso chiudere bottega e andare a fare un bagno in mare, devo
finire di preparare il carico di anfore
e vasellame che Publio verrà a ritirare tra qualche ora. La sua nave deve
salpare domani all’alba e sono in ritardo. Publio è persona corretta e puntuale
ed io devo esserlo con lui.
DELIA
(uscendo con in mano una
caraffa e un boccale, e con aria ironica): Eccomi, pronta ad obbedire e
riverire il mio sposo! Il caldo non c’è solo nella tua bottega, c’è anche nella
mia cucina dove io sto da ore ed ore a preparare la cena in onore del tuo amico
Publio! Mai una volta che venga un cliente e tu non lo inviti a cena! Tanto in
cucina fatico io! (sbuffando) non ne posso più, dobbiamo cambiare registro,
caro mio! Ecco bevi!! (Poggia con malagrazia caraffa e boccale su un tavolo e rientra
in casa)
LUCIO
(con aria paziente): I clienti, specialmente quelli più importanti, vanno
col-ti-va-ti, quante volte te lo devo ripetere? Publio mi compra una gran
quantità di merce, dobbiamo tenercelo caro! Fattelo entrare in zucca una buona
volta! (dall’interno silenzio e Lucio, sorseggiato un boccale d’acqua, torna
nel laboratorio mentre da destra sopraggiunge Emilia che regge un cesto coperto
da un tovagliolo)
EMILIA:
Delia, ci sei? Sempre indaffarata tu.
DELIA
(esce asciugandosi le mani con un lembo del grembiule): Certo, eccomi. Stavo
pulendo il pesce per la cena di stasera. Sediamoci un momento, appoggia il
cesto sul tavolo e facciamo due chiacchiere!
LUCIO
(sbirciando dall’interno del laboratorio): Le conosco le loro chiacchiere!
Spettegoleranno su tutto il vicinato! (E si ritira)
EMILIA:
Devi pulire il pesce? Non hai una ragazza che ti aiuta?
DELIA: Si c’è Lucilla, ma l’ho assunta da
poco, è giovane, inesperta ed ha ancora tanto da imparare, stavo appunto
spiegandole come si squama il pesce. Sua sorella, quella si era capacissima, ma
si è sposata da poco e mi ha piantata
.
EMILIA:
E, non vorrei sbagliarmi,
credo che aspetti già un bambino. L’ho vista andare insieme a sua madre al
tempio di Persefone con in mano un cesto di melograni, andava certo a pregare
la Dea di intercedere per lei presso Giunone Lucina in vista dell’imminente
parto.
DELIA:
Non ti sbagli, proprio ieri è
passata ad annunciarmi la bella novità. (Rivolta verso casa) Lucilla, mi
raccomando, lava con cura il pesce e mettilo su una gratella a scolare, e
coprilo con un canovaccio altrimenti le mosche…e mescola il macco, non vorrei
che si attaccasse sul fondo della olla.1
EMILIA
(con aria curiosa): Bene, bene. Cosa porterai in tavola? Cose buone,
prelibatezze, la tua abilità di cuoca è arcinota!
DELIA:
Faccio del mio meglio, avendo un marito buongustaio devo darmi da fare! E poi
spesso, come oggi, abbiamo ospiti. Per stasera sto preparando il macco di fave
con erbette di campo saltate in padella, frittura di pesce con una bella insalata
di lattuga, del nostro orto naturalmente, e le olive in salamoia e schiacciate,
mio marito le adora, non mancano mai sulla mia tavola. E poi i fichi, che
quest’anno sono più dolci e succulenti degli altri anni, a proposito, ne ho
preparato un cestino anche per te, a casa tua li apprezzate, lo so e le
frittelle di ricotta e mandorle che ho chiesto a te di preparare. Sono in
questo cestino, vero? (E alza un lembo del tovagliolo)
EMILIA:
Certo, le ho preparate col
miele siciliano dei monti Iblei, quello che mi manda mia sorella Arianna e ti
ho pure portato due pani appena sfornati, avvicinati, senti che profumo!
LUCIO
(dall’interno della bottega): Hai
capito!?!? La mia signora brontolava e si lamentava per il gran da fare che le
procuro, e ora scopro che si fa aiutare dall’amica! E brava!! Ah, le donne!
(Sospirando)
LUCIO
(dall’uscio della bottega): Al vino devo pensarci io o hai già provveduto?
DELIA:
Tranquillo! Mio padre,
proprio stamattina, ce ne ha regalato due anfore di quello buono, che allungato
con acqua e miele tu tracanni sempre con piacere. Con il dolce servirò il
passito che ci regalò quel tuo cliente eoliano l’ultima volta che passò da
queste parti.
LUCIO
(fregandosi le mani): Bene,
bene! La serata si annuncia niente male! (E torna al suo lavoro) Flavio, hai
finito con le anfore da vino? Contale, devono essere centoventi, tante ne ha
ordinato Publio. E tu Marco, metti da parte venti anfore da olio e cinquanta
vasi. Dobbiamo avere il carico pronto entro due ore, al massimo. Deciooo, dove
ti sei cacciato? Pigrone, scansafatiche, non cambi mai, mi lamenterò di te con
tuo padre. Dai una bella pulita a questo cortile, (indicando i vari angoli del
cortile) spazza quelle foglie, e tutti gli escrementi delle galline che mia
moglie fa razzolare qui davanti, contro il mio parere peraltro. (Alzando gli
occhi al cielo) Santi Numi, quanta pazienza!
DECIO (arrivando di corsa con in
mano una scopa): Eccomi padrone, stavo sul retro a pulire e mettere un po' in
ordine. Adesso pulirò qui davanti un baleno , tutto sarà lindo e pulito per
ricevere degnamente il tuo ospite.
LUCIO: Disordine sul retro? Lo so
io come si chiama questo disordine: Priscilla, ha un bel visino e ti fa gli
occhi dolci da qualche tempo. Ricambiata peraltro. Credevi non me ne fossi accorto?
Stai attento a non farti scoprire da suo padre, potresti beccarti qualche
legnata sul groppone. E non basta, potrebbe chiedermi di allontanarti dalla mia
bottega!
DECIO : Tranquillo padrone, sono
scaltro ed accorto, non ti farò avere alcun fastidio e, soprattutto, non
prenderò nessuna legnata. (Comincia a spazzare)
(Entra in scena Flavio)
FLAVIO: Le anfore da vino sono
pronte. Hai altri ordini?
LUCIO: Appena Marco avrà finito di
allestire i vasi, andrete insieme nel magazzino e porterete qui nel cortile il
tavolo grande e le panche, li metterete davanti all’uscio e tutt’intorno
disporrete fiaccole e i lumi, troverete anche questi nel magazzino. Decio, a
che punto sei? Non startene imbambolato, sbrigati, dai una mano a Marco e
Flavio. Dopo il lavoro avrai tempo per sognare la tua bella! (Alzando gli occhi
al cielo) Santi numi, quanta pazienza!
(Marco e Flavio ridacchiano e fanno
l’occhiolino a Decio)
MARCO: La tua Priscilla avrà certo
delle amiche, perché non le chiedi di presentarne qualcuna a me e Flavio? Se
sono carine come lei…
DECIO: E già, ti piacerebbe! Vedi
di girare al largo! Guardati intorno e trovatela da solo la ragazza.
(Delia
ed Emilia escono in cortile)
EMILIA:
Come, come !?!? Di che
parlate? A quanto pare, mi è sfuggito qualcosa! Adesso mi direte tutto per filo
e per segno, non me ne andrò se prima non avrò saputo ogni cosa. (E si accomoda
su una sedia)
LUCIO: Lasciali lavorare, pettegola!
Dobbiamo sbrigare tante cose ancora. Non c’è niente da sapere! Ma piuttosto,
Delia, i ragazzi non sono ancora tornati dal mare?
DELIA:
Non ancora, li conosci,
quando sono un acqua non vorrebbero più uscire. Se entro l’ora nona2
non saranno tornati andrò io stessa a chiamarli e domani non li farò scendere
in spiaggia. Devono imparare a rispettare le regole. Non transigo su questo.
LUCIO:
A tal proposito sono pienamente d’accordo con te.
EMILIA:
I miei hanno superato l’adolescenza, non ho più questo tipo di problemi.
LUCIO
(sottovoce): Così ha tanto
tempo per spettegolare e ficcare il naso negli affari degli altri, cosa che le
riesce benissimo! Poveretto suo marito, non vorrei essere nei suoi panni!
DELIA:
Ragazzi, sbrigatevi a portare
il tavolo! Emilia, puoi fermarti ancora un po’? Mi piacerebbe che mi aiutassi
ad apparecchiare e disporre ogni cosa a dovere, in questo hai più pratica di
me.
EMILIA:
Tutto quello che vuoi, amica
mia, mio marito è andato a pescare coi suoi amici e non tornerà prima di
mezzanotte.
LUCIO:
(sottovoce): Siamo fritti! E
chi la smuove! Con la faccia tosta che si ritrova alla fine si autoinviterà a
cena. (Sospira).
DELIA:
Lucio, ti prego, vai anche tu nel magazzino, accertati che i tuoi ragazzi
prendano tutto.
LUCIO:
Vado, vado. Ma non farti
prendere dall’ ansia, come al solito, faranno tutto presto e bene, tranquilla.
(Entrano
in scena i figli del vasaio rincorrendosi e ridendo)
DELIA:
Ah! Eccovi finalmente!
Smettetela di giocare e andate in casa a cambiarvi per la cena. Le tuniche
pulite sono sui vostri letti.
LUCIO:
Birbantelli, ubbidite e
stasera davanti all’ospite comportatevi come si deve. Non ridete senza motivo e
non alzatevi da tavola senza il mio permesso, o prenderete una bella punizione.
Andate ora, sbrigatevi. (E si avvia al magazzino)
LUCILLA
(si affaccia sulla porta):
Signora, vieni a vedere se posso togliere il macco dal fuoco, per favore, i
pesci sono tutti puliti, lavati e messi ad scolare.
DELIA:
Puoi togliere la olla dal
fuoco, avevo dato un’occhiata prima, e comincia a versare l’olio nella padella
grande, mettine tanto, il fritto va fatto in olio abbondante.
LUCILLA (sorridendo):
Questo lo so già, è una delle prime regole che mi hai insegnato! (E rientra)
EMILIA:
Sembra volenterosa, in poco tempo riuscirai a farne una brava servetta.
DELIA:
Si, e appena avrà imparato si sposerà, come la sorella, e dovrò cominciare
daccapo con un’altra! Pazienza!
(Arrivano
i mobili dal magazzino)
LUCIO:
Sistemate tavolo e sedie qui, al centro, le fiaccole sugli appositi sostegni ai
muri e i lumi, uno accanto alla porta di casa, proprio là, su quello sgabello, gli
altri due li appoggeremo sul tavolo quando sarà apparecchiato.
DECIO:
Presto ragazzi, si è fatto tardi!
MARCO: Lo
so, lo so, hai fretta. Ma temo che il padrone abbia altri ordini, non è ancora
finita la giornata per noi. Vedrai se mi sbaglio. (Scuotendo la testa).
FLAVIO:
Ecco, padrone, ogni cosa al suo posto! Basta per oggi?
LUCIO: Mi
pare di sì, ma non vi allontanate, Publio sicuramente vi chiederà di dare una
mano ai suoi schiavi per sistemare il carico sul carro.
DECIO:
(sbuffando e sottovoce) E ti pareva! Non gli basta mai! Non siamo schiavi ma è
come se lo fossimo, mai una sera che ci faccia finire in orario! Sono stufo.
Uffa!
LUCIO:
Guarda che sento molto bene, Decio, e so apprezzare i sacrifici e la buona
volontà dei miei servi. A fine mese vi do sempre qualche extra, vero Marco?
MARCO: Si
è vero, ma Decio ha sempre fretta di finire e sappiamo perché. Priscilla ogni
sera, già all’ora decima,2si affaccia alla finestra per vederlo
passare. Te l’ho detto, padrone, è innamorato pazzo.
DECIO:(piccato)
Quando imparerai a farti gli affari tuoi? Ficcanaso.
DELIA:
Lucilla, portami la tovaglia che ho scelto per stasera. Cominciamo ad
apparecchiare (riappaiono i figli di Delia e si sporgono verso la strada da
dove giunge un brusio, tornano subito indietro eccitati)
TULLIA:
Mamma, mamma, si è fermata qui davanti una lettiga.3 Le tende sono
ancora chiuse e non vedo chi c’è sopra, ma tutti i vicini si sonno affacciati.
Vieni a vedere!
DELIA:
Speriamo che non sia una visita per noi! Non sarebbe il momento migliore!
LUCIO:(
avanzando verso la strada) Invece è proprio per noi. Riconosco la lettiga, è
quella di Giulia, se è venuta di persona dovrà fare qualche ordine particolare.
EMILIA:
Allora è vero!! Giulia è cliente di Lucio! E io che non ci volevo credere! Non
voglio perdermi nessun particolare della visita. (E si mette davanti a tutti)
CENTURIONE:
Fate largo, scansatevi, fate passare Giulia, figlia del divino Augusto. (E
volgendosi indietro:) Puoi venire avanti, mia signora.
(Avanza
Giulia, sguardo altero e portamento regale. Indossa una stola4
bianca fermata in vita da una cintura e una palla5 scarlatta
finemente ricamata le copre le spalle. I capelli corvini che contrastano col
suo incarnato candido, sono sapientemente acconciati e fermati con nastri
dorati e preziose fibulae.6 Bracciali, anelli e una collana
completano il suo abbigliamento. Due ancelle la seguono, una porta uno sgabello
e l’altra agita un grande ventaglio per rinfrescare la sua padrona)
LUCIO:(
profondendosi in inchini) Quale onore, mia divina, accoglierti ancora nella mia
umile casa!
GIULIA:
Mi piace visitare la tua bottega. Vi trovo sempre qualcosa di pregiato ed
elegante.
LUCIO:
Oggi non ho molto da farti vedere, nelle ultime settimane ho lavorato
esclusivamente all’ordine di un mercante di anfore. Ma prenderò nota dei tuoi
desideri e da domani lavorerò solo per te.
FLAVIA:
(collocando lo sgabello accanto a Giulia) Siediti, mia signora.
(Giulia
si siede, l’altra ancella, ad un cenno della padrona, riprende a sventolare.
Lucio si affretta a portare fuori alcuni prodotti)
LUCIO: Ci
tengo a proporti quest’anfora finemente decorata e questi vasetti da unguenti o
profumi.
EMILIA:
(sottovoce) Quant’è bella! Aveva ragione Delia, quando racconterò alle amiche
quello che sto vedendo le farò morire d’invidia! Menomale che mi sono fermata!
Quando mi capita più un’occasione simile!!
GIULIA:
(rigirando tra le mani i vasetti) Sono veramente pregevoli, bravo! Ecco di
questi me ne prepari almeno venti, alcuni li manderò a Roma a Lucrezia la
prossima volta che passeranno da Reggio i legati di mio padre. L’anfora la
porto via subito, è troppo bella, c’è un angolo del mio tablinum7
che l’aspetta. Centurione, portala subito sulla mia lettiga e fai molta
attenzione, è fragile.
CENTURIONE:
Vado al volo! Anche i vasetti devo portare?
GIULIA:
No, sono solo tre, li ritireremo quando Lucio avrà preparato tutti quelli che
ho ordinato. (Rivolta a Lucio) Mi farai trovare anche delle ciotole di varie
misure per la cucina ed anche un cratere8, grande, in grado di
contenere almeno dieci litri di liquidi. Decorato con grappoli d’uva e pampini.
LUCIO:
Sarò veloce ad eseguire e preciso ed accurato nel decorare, mia signora, spero
di riuscire a stupirti ancora una volta!
GIULIA:
Credo che possa bastare, ancelle andiamo e tu centurione facci strada. Vale9Lucio.
(Si alza
lentamente, le ancelle le sistemano la palla e si allontanano)
DELIA:(
facendo capolino dall’interno) Che pomeriggio! Mi gira la testa!
LUCIO:
Dove ti eri rintanata? Scompari sempre quando Giulia ci onora di una sua
visita. Non capisco questo tuo comportamento!
DELIA:
Sai bene che sono timida, davanti a lei non riuscirei a pronunciare neanche tre
parole di seguito e ti farei fare pure una brutta figura. Meglio così, credimi.
E poi con la cena da preparare non potevo certo stare a curiosare. Ma
apparecchiamo, Publio arriverà a momenti! Emilia, dove ti sei cacciata?
LUCIO: Te
la puoi scordare per stasera! Non si vede qua intorno, sarà corsa dalle vicine
a raccontare quanto ha visto. Non si è perso nessun particolare della visita di
Giulia! Ma, detto tra noi, preferisco non averla tra i piedi, mi innervosisce,
fa un sacco di domande e poi va in giro a spettegolare.
DELIA:
Presto, Lucilla, stendi la tovaglia, e io disporrò il resto sulla tavola.
FLAVIO:
Padrone, mi pare di intravedere Publio in lontananza, si è proprio lui.
(Arriva
Publio con due suoi servitori)
PUBLIO:
Ave10 Lucio, amico mio, (i due si abbracciano calorosamente) come
stai? Non ci vediamo da ben sei mesi! Ti trovo in forma!
LUCIO:
Dici bene, mi hai trascurato negli ultimi tempi. Hai forse trovato un fornitore
più bravo di me? (Ridacchia)
PUBLIO:
Giammai ti tradirei! Non ho lavorato alcuni mesi per via di un forte dolore al
ginocchio sinistro, che mi ha fatto soffrire parecchio. Per fortuna una anziana
donna di Benevento, che conosce mia moglie, mi ha dato un unguento, fatto da
lei stessa, che mi ha guarito ed ho ripreso a lavorare.
LUCIO:
Benevento hai detto? Il paese delle streghe che si riuniscono sotto un grande
noce la notte del solstizio d’estate! Esiste veramente questo albero di cui
tanto si favoleggia? Ma sediamoci, mia moglie sta preparando la cena tra poco
porterà in tavola.
PUBLIO:
Il noce esiste ed è imponente, alto almeno cinque metri, ma il raduno delle
streghe, boh! Non saprei Sai io non sono superstizioso, mi sembra più una
leggenda. Ah! Me ne stavo dimenticando, ti ho portato un vasetto di garum11,
direttamente dal Marocco, dove ho fatto tappa la settimana scorsa. (E tira
fuori dalla bisaccia il dono)
LUCIO: Ti
ringrazio, lo adoro! Questo marocchino, poi, lo trovo favoloso! Superiore
persino a quello campano. Ah! I paesi del Nord Africa sono una vera risorsa per
Roma, ci forniscono pure datteri, fichi, lana di cammello, olio e anche tanta
manodopera. Qui in paese vivono parecchi marocchini e anche tunisini, pescatori
e braccianti agricoli per lo più, danno un valido supporto a tanti imprenditori
del posto, e sono bene integrati.
LUCIO:
Artidoro, quel mio amico di Locri, lo vedi sempre?
PUBLIO:
Certo che lo vedo! Mi fornisce dei pinakes12 favolosi, ricercati in
tutta l’area del mediterraneo, domani salperò da Porto Bolaro, farò tappa a
Locri per completare il carico coi suoi pinakes, quindi farò rotta verso la
Grecia. E’ dura la vita di chi va per mare! Sto lontano dalla famiglia mesi e
mesi!
DELIA:
(venendo avanti con un tegame in mano) Tutti a tavola, non facciamo freddare il
cibo! Voi due continuerete a chiacchierare durante la cena. Prendiamo posto!
EPILOGO
Lasciamo
i nostri protagonisti alla loro cena.
Le loro
vicende ci ricordano un pezzo del nostro passato.
Siamo
stati greci e romani. E tanto altro.
Abbiamo
un grande passato alle nostre spalle.
E, nelle
nostre mani, c’è il futuro da costruire.
Dipende
da noi come sarà.
NOTE
1) OLLA: Vaso di terracotta
panciuto, usato dagli antichi Romani per cuocere e conservare i cibi
2) ORA NONA e DECIMA:
Rispettivamente le quindici e le sedici
3) LETTIGA: Nell’impero romano,
letto portatile, riccamente decorato, sostenuto a spalle o a braccia,usato per
il trasporto di persone di elevata posizione sociale.
4) STOLA:Nell’antica Roma, abito
lungo con molte pieghe che le donne indossavano sotto il mantello.
5) PALLA:Mantello che le donne
romane indossavano quando uscivano, ed un lembo di questo si tirava anche sul
capo
6) FIBULAE: Spille per fermare i
capelli
7) TABLINIUM: Elegante ambiente di
soggiorno della casa romana.
8) CRATERE: Grande vaso usato dagli
antichi Greci e Romani per mescolare vino e acqua durante i ricevimenti.
9) VALE: Letteralmente “stai bene”,
saluto di commiato nell’antica Roma
10) AVE: Saluto romano
11) GARUM: Salsa liquida di pesce
salato che i Romani aggiungevano come condimento a molti piatti
12) PINAKES: Tavolette votive di
terracotta che Greci e Romani appendevano sulle pareti dei templi. Equivalgono
ai nostri ex voto.
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