venerdì 3 aprile 2020

Cronache da un'epidemia17




Stamattina, a fronte di un brano del Vangelo difficile, in cui Gesù rivendica il suo essere Dio, il papa ha preferito, nella sua omelia, parlare della Madonna Addolorata, anzi la Madonna dei setti dolori, che la pietà popolare cattolica ricorda in questo ultimo venerdì di Quaresima.

Il culto mariano, nonostante la scristianizzazione del paese, resta forte. Molto probabilmente, il rosario è tuttora la preghiera più recitata in Italia. Ho visto corone del rosario sbucare anche da borse di donne non use a mostrare una qualche sensibilità religiosa. 

È evidente che la Madonna Addolorata, la Mater dolorosa – di tante laudi, di tante immagini, della Pietà michelangiolesca – riesca a concentrare in sé la tragica esperienza del dolore delle madri, e, quindi, del mondo: di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Di Madonne che piangono ne conosciamo, forse, molte di più che Madonne in qualche modo “serene” o “rasserenanti”.

Non ho dubbi che, quando si è felici, vincenti, quando tutto va bene, bisogna ricordare che il Venerdì Santo è l’esperienza di tanti altri: che mai dobbiamo scordare chi soffre.

In queste settimane in cui stiamo vivendo tutti un Venerdì di passione – certo in maniera diversa e non mi sognerei di paragonare chi sta sotto un respiratore in ospedale, chi ha problemi di cibo, e chi, semplicemente, deve restare a casa – la Croce ha una concretezza di assoluta evidenza.

E proprio adesso, i cristiani dovrebbero parlare di più di Resurrezione. Di futuro. Di speranza. Che non è ottimismo di maniera. È la consapevolezza che abbiamo dei doveri per il domani che verrà. (E, stamattina, il papa ha pregato proprio per chi sta lavorando non solo per l’oggi, ma anche per il domani)

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