martedì 28 aprile 2020

Per una nuova Grammatica






La parola
è un condottiero
della forza umana.
Marsc!
Che l’epoca esploda
dietro di noi
in una salva di proiettili.
Che agli antichi giorni
il vento
riporti
soltanto un’arruffata matassa di capelli.
Per l’allegria
è poco attrezzato
il nostro pianeta.
Bisogna
strappare
la gioia
ai giorni venturi.
In questa vita
non è difficile morire.
Vivere
è di gran lunga più difficile.
Vladimir Majakovskij

Nelle parole lette ho sempre trovato una casa alle inquietudini del cuore.

Nella pandemia, più che in altre circostanze, ho avvertito, in certe letture, scendermi addosso un’annoiata stanchezza da parole provenienti da una insopportabile vacuità.

Non mi illudo che – dopo – diventeranno desuete parole brutte del nostro anche recente passato. Temo che sopravvivranno parole che non hanno un presente da indicare. Penso ai lavori che non ricominceranno. Sono convinta che persone che hanno fondato il loro, pur modesto, benessere, in alcune attività (del commercio, per esempio, o del tempo libero, della cultura) dovranno reinventarsi: non ci sarà possibilità di ripresa in tempi ragionevoli e i sussidi non basteranno.

Ci saranno lacrime e sangue e, come in altre situazioni storiche, magari dalla sofferenza senza vie d’uscite nascerà un nuovo Rinascimento, un nuovo Risorgimento.

Anche le parole hanno bisogno di una nuova Grammatica. Di nuovi fili d’Arianna per inanellarle in maniera che la luce risplenda nel loro suono. Che sappiano raccontarci per come siamo adesso. Che sappiano indicarci la via.

Nessun commento:

Posta un commento