martedì 26 maggio 2020

W i titolisti. Quelli bravi



Il nuovo libro di Nisida sarà presentato online
giovedì 28 maggio ore 17.30

Difficile è il mestiere dei titolisti. Invogliare a leggere un pezzo, rispettandone il contenuto, implica un lavoro di sintesi e di creatività che non sempre riesce. Me ne rendo conto su me stessa ogni volta che metto un titolo ad un post del blog.

Ma mi voglio riferire, qui, ai professionisti: a quelli che porgono o, magari, sbattono in faccia, le notizie sui giornali.

Non ho idea di come vengano scelti. Non so se sono sottoposti a prove e riprove di riassunto: da 100 righe farne 50, poi da 50 10, poi da 10 due, poi da 2 righe tre, quattro parole: sempre mantenendo il punto centrale delle prime 100 righe. Magari, alla fine, avremmo titoli più corretti o meno scorretti: che rispettino almeno quello che nell’articolo sta scritto.

Prendiamo il Mattino di oggi. C’è un’intervista ad una ex ragazza di Nisida, la quale parla della sua esperienza, positiva, in Istituto, e del fatto che, anche se ancora non l’ha ripreso per via della ripartenza cauta del settore dopo la chiusura per epidemia, ha un lavoro con contratto: un cammino sicuro di ricostruzione della propria vita, favorito anche dalla sensibile attenzione del suo titolare. Si rammarica, la ragazza, del fatto che alcuni suoi compagni, usciti da Nisida e desiderosi di farsi una vita all’insegna della legalità, hanno trovato lavoro solo a nero e, adesso, perdendo il lavoro, potrebbero rientrare in percorsi meno positivi per loro stessi e per la società.

Un discorso pieno di speranza e di sensate riflessioni, che il titolo ribalta. Perché tanta banale superficialità nell’uso delle parole? Non dovrebbero i giornalisti, titolisti compresi, tener presente sempre quanto le parole possono pesare?


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