mercoledì 13 maggio 2020

Nostalgia dei tempi del Covid






“Firenze c’è, ma avrebbe potuto non esserci più”, disse padre Ernesto Balducci nel novembre 1966. Qualche anno dopo scrisse della “nostalgia dell’alluvione”: nostalgia non certo del tragico evento in sé, ma del clima di solidale e operosa ricostruzione che permise alla città di riprendersi e rifiorire.

Come Paese, come Europa, come mondo, avremo “nostalgia” del tempo drammatico che ci ha tenuto bloccati a casa per mesi e poi ci fatti uscire in regime di libertà vigilata: nostalgia di un tempo in cui, insieme al dolore, alla morte, alla paura, si è seminato anche lo slancio verso una più umana comunità?

Che cosa, ognuno di noi, si porterà come personale nostalgia? La casa come nido? L’intimità mai così intensa in famiglia? Le confidenze telefoniche che mai avrebbero superato certe barriere del pudore? L’over dose di letture, di film, di musica? La scoperta che si può cucinare o dipingere una parete o mettere in ordine delle carte? L’aver fatto, nonostante tutto, il proprio dovere? La decisione che, in altre circostanze, mai si sarebbe avuto il coraggio o la follia di prendere? La (ri)scoperta della fede? L’iniziare la giornata con la messa del papa? Il battito del cuore la prima volta che abbiamo ripercorso la strada, anonima, su cui per anni abbiamo camminato e che ci è sembrata un capolavoro di architettura? L’attimo di gioia assoluta quando abbiamo rivisto un figlio, una madre? I passeri che sono venuti a trovarci sui balconi, le viole che sono cresciute rigogliose? L’idea nuova di noi, della vita, della morte che ci siamo fatti?

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