sabato 2 maggio 2020

I giorni sospesi di Reggio (cinquanta anni fa)



Foto dal Web

Era di giovedì, il 18 febbraio 1971, quando una colonna di carri armati entrò nel quartiere di Santa Caterina per poi proseguire sul Lungomare verso il centro della città. Finiva così la rivolta reggina del Boia chi molla, iniziata nel luglio precedente.

Qualche giorno dopo siamo tornate a scuola – all’epoca quasi tutte le classi al liceo erano “separate”, in maschili e femminili. Dopo le vacanze di Natale c’eravamo state pochi giorni, poi tutte a casa, con la città, chiusa a sud dalla Repubblica di Sbarre e a nord dal Granducato di Santa Caterina e sbarrata in ogni strada da decine di barricate.

Cinquant’anni fa, nelle case (e non tutte) c’era un telefono – fisso – usato da tutta la famiglia: e con parsimonia. Quindi, nella fase di sospensione della scuola, pochi contatti con le mie compagne, ma solo con le due, tre più amiche.

Avevamo tutte delle vite “lineari”: molta famiglia, scuola (più o meno studiavamo tutte parecchio), un po’ più di compagnia per chi aveva sorelle e cugine, più solitudine per chi non le aveva, un po’ di televisione, qualche passeggiata per le mie compagne, qualche camminata in campagna per me. 

Che cosa resta di quei giorni sospesi, in cui, rimanendo alla periferia della Storia, eravamo dentro e ai margini di un momento storico?

Le emozioni di quei giorni sono scivolate come pioggia che scende e si disperde o restano come acqua carsica che ancora ci lavora dentro?

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