Che fai se qualcuno
ti sembra un maestro? Lo segui. Ti iscrivi al suo corso universitario, leggi i
suoi libri, rilanci i suoi post sui social, provi, magari, a scrivergli o ti
apposti a una sua conferenza per parlargli.
Anche ai tempi di
Gesù era così. Chi intravvedeva in qualcuno un maestro gli andava appresso.
Gesù, invece, i suoi
li chiama. Gente normale, pescatori,
ma non solo. Nessun intellettuale, nessun povero fino alla miseria, qualcuno che
sapeva leggere e scrivere; tutti, immagino, abbastanza capaci con le parole,
visto che, poi, avrebbero dovuto diffondere il suo messaggio.
Non c’è traccia di
donne “chiamate”. La combriccola del maestro con i suoi adepti che girovagava
per Giudea e Galilea andando avanti e indietro sul lago di Tiberiade era nei
costumi del luogo e del tempo. La presenza di donne, no. Né direttamente, come
parte del gruppo, né indirettamente come soggetti cui un maestro, e relativi
discepoli, rivolgeva la propria attenzione.
Nella vita di Gesù,
come raccontata dai suoi discepoli, le donne, invece, abbondano. C’è la madre,
con una sua presenza particolare, ma non dominante. Non sono tantissime nelle
sue parabole (ma non dimenticabili né le vergini con le fiaccole né la donna
che perde la dracma); molte nei suoi miracoli (la donna che perde sangue, la
fanciulla che rivive); tante che guarisce, difende (l’adultera) o ammira (la
povera che dà la sua unica moneta). Con Marta e Maria si comporta da amico, in
un clima confidenziale che sembra più vicino al nostro tempo che a duemila anni
fa. Non rifugge alle donne che gli versano unguento sul capo o che gli lavano i
piedi con prezioso profumo e glieli asciugano con i capelli: in un gesto che
sarebbe di terrestre sensualità se non fosse inserito in una relazionalità di
affetti “normali”. Alla Samaritana fa una chiara rivelazione di sé come Dio. La
Maddalena è la prima a vederlo dopo la resurrezione: ed è a lei che viene
affidato il compito di annunciarlo ai discepoli (che non ci credono: la sua è
una testimonianza da donna, non può valere). Che la Maddalena abbia un ruolo di
apostola degli apostoli, oggi sono in tanti a riconoscerlo nella cristianità (non
solo cattolica).
Già questo basta e
avanza per una rivoluzione che non solo frantuma il passato ma è in anticipo sui
tempi a venire: tanto che, tuttora, la parità nella diversità è tutt’altro che
realizzata (parlo di chiesa e di società civile).*
Ma le donne sono –
addirittura e, in fondo, incredibilmente – presenti “nel” gruppo che segue
Gesù. Nascoste nei tre righi del Vangelo di Marco. (15, 40-41: Al Calvario, “c’erano
anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di
Magdala, Maria, madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, che lo
seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano
salite con lui a Gerusalemme”) e negli altrettanti tre righi di Luca (24, 9-11).
Sappiamo abbastanza
della Maddalena, niente delle “alcune” e delle “altre”. Come si chiamavano? Chi
erano? Come e perché avevano seguite Gesù? Se lui non le aveva invitate, non le
aveva neppure respinte, anzi doveva aver accettato la loro presenza.
Se qualcuna di loro
avesse scritto il Vangelo, come avrebbe raccontato le stesse cose, con quali
sfumature? Avrebbe scritto che a saziarsi dei pani moltiplicati – miracolo
riportato da tutte e quattro gli evangelisti – erano stati “quattromila uomini,
senza contare le donne e i bambini”?
*Non è argomento di
questo post – che si limita al vagheggiare un romanzo centrato sulle donne
anonime che seguivano Gesù – ma la pandemia, tra le tante cose che ha sbattuto
in faccia, è che, mentre sul campo, dalla medicina, alla scuola, alla ricerca,
c’è un numero crescente di donne competenti, affidabili, più si sale nei ruoli
decisionali più la loro presenza si assottiglia fino a scomparire. Perché le
donne vengono emarginate? Perché si autoemarginano non avendo né voglia né
tempo di misurarsi con gli uomini nello spazio del “potere”? Oppure?
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