Lunedì diciassette è
stato il mio giorno fortunato. Meglio: ho superato il primo gradino della
fortuna: con tutta la mia risma, sono passato dallo scatolone dello stanzino all’armadietto
della maestra Lucia.
Lo stanzino è una sorta
di ripostiglio della scuola, sa di polvere e di caffè. Il caffè viene preparato
due volte al giorno, di prima mattina e a metà giornata, qualche volta anche
dopo mezzogiorno. Ci svegliamo quando la maestra Raffaella comincia a preparare
la macchinetta. Sappiamo, delle maestre, tante cose, anche dei loro figli e
mariti: non stiamo ad orecchiare, è che stiamo qui e sentiamo. Quando parlano
dei ragazzi, le ascoltiamo avidi, la curiosità rischia di accartocciarci.
Tutte le maestre fanno
usare i quadernoni, la maestra Lucia fa scrivere sui fogli protocollo. E fa
scrivere tanto. È la nostra preferita, ci fa sentire importanti.
Nel suo armadietto, i
fogli sono disposti su più ripiani. Sotto, quelli scritti tempo fa; in mezzo,
quelli scritti nei giorni scorsi e, sopra, quelli ancora da scrivere.
Stare vicino a fogli già
scritti è una fortuna. Ogni foglio protocollo, quando viene scritto, riesce a
leggerci sopra: non sappiamo scrivere, ma possiamo leggere quello che altri
scrivono su di noi.
E, quando un foglio
protocollo ancora bianco sta vicino ad un foglio protocollo già scritto,
comincia a imparare.
I fogli protocollo
giovani imparano le parole ma non capiscono a cosa corrispondono. I fogli
protocollo vecchi lo sanno: più le parole vengono rilette più vengono comprese.
Io, per ora, ho imparato
venti parole, ma, ancora, non so cosa significano. Mi piace il suono della
parola Napoli, mi si apre tutta la bocca nel dirla, dev’essere qualcosa di
buono da mangiare. Anche la parola mamma è bella, le labbra si baciano nel
dirla. Pure la parola papà è un bacio, pure se più breve. La parola guerra non
mi piace, fa rumore nel cervello e anche pistola è brutta, sembra un pugno sul
cuore. Ce n’è una peggio: ucciso: che sembra che cadi in un pozzo senza fondo.
Sopra di me ci sono
appena cinque fogli. Oggi stesso dovrebbe essere il mio turno. Il foglio più
vecchio e più saggio, che mi ha preso in simpatia, mi ha detto: La parola più bella che ti può capitare è:
nonostante. Io non l’aveva mai
sentita, questa parola, e a dirla tutta, m’è sembrata anche strana: come se la
lingua mi si fermasse sulla ripetizione del “no” per poi correre veloce come
un’onda verso riva.
Non
la troverai scritta – ha aggiunto il foglio saggio, scritto
più di cinque anni fa (la maestra Lucia mette quelli proprio vecchi sui ripiani
di un altro armadio, ma questo, ripiegato in quattro, se l’è tenuto vicino per
leggerlo ogni tanto - ho sentito che lo diceva alla maestra Anna).
Poi, il foglio saggio ha
continuato: Ma quando senti che, oltre il
passato e il presente, c’è un’ansia di futuro buono, ecco questo è: nonostante.
Felice te se trovi un ragazzo del nonostante: abbraccialo, asciugagli le
lacrime che non piange e fatti ala per i suoi passi.
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