venerdì 1 novembre 2019

Piccole storie da Nisida: Il foglio protocollo






Lunedì diciassette è stato il mio giorno fortunato. Meglio: ho superato il primo gradino della fortuna: con tutta la mia risma, sono passato dallo scatolone dello stanzino all’armadietto della maestra Lucia. 

Lo stanzino è una sorta di ripostiglio della scuola, sa di polvere e di caffè. Il caffè viene preparato due volte al giorno, di prima mattina e a metà giornata, qualche volta anche dopo mezzogiorno. Ci svegliamo quando la maestra Raffaella comincia a preparare la macchinetta. Sappiamo, delle maestre, tante cose, anche dei loro figli e mariti: non stiamo ad orecchiare, è che stiamo qui e sentiamo. Quando parlano dei ragazzi, le ascoltiamo avidi, la curiosità rischia di accartocciarci.

Tutte le maestre fanno usare i quadernoni, la maestra Lucia fa scrivere sui fogli protocollo. E fa scrivere tanto. È la nostra preferita, ci fa sentire importanti.

Nel suo armadietto, i fogli sono disposti su più ripiani. Sotto, quelli scritti tempo fa; in mezzo, quelli scritti nei giorni scorsi e, sopra, quelli ancora da scrivere.

Stare vicino a fogli già scritti è una fortuna. Ogni foglio protocollo, quando viene scritto, riesce a leggerci sopra: non sappiamo scrivere, ma possiamo leggere quello che altri scrivono su di noi.

E, quando un foglio protocollo ancora bianco sta vicino ad un foglio protocollo già scritto, comincia a imparare. 

I fogli protocollo giovani imparano le parole ma non capiscono a cosa corrispondono. I fogli protocollo vecchi lo sanno: più le parole vengono rilette più vengono comprese.

Io, per ora, ho imparato venti parole, ma, ancora, non so cosa significano. Mi piace il suono della parola Napoli, mi si apre tutta la bocca nel dirla, dev’essere qualcosa di buono da mangiare. Anche la parola mamma è bella, le labbra si baciano nel dirla. Pure la parola papà è un bacio, pure se più breve. La parola guerra non mi piace, fa rumore nel cervello e anche pistola è brutta, sembra un pugno sul cuore. Ce n’è una peggio: ucciso: che sembra che cadi in un pozzo senza fondo.

Sopra di me ci sono appena cinque fogli. Oggi stesso dovrebbe essere il mio turno. Il foglio più vecchio e più saggio, che mi ha preso in simpatia, mi ha detto: La parola più bella che ti può capitare è: nonostante. Io non l’aveva mai sentita, questa parola, e a dirla tutta, m’è sembrata anche strana: come se la lingua mi si fermasse sulla ripetizione del “no” per poi correre veloce come un’onda verso riva.

Non la troverai scritta – ha aggiunto il foglio saggio, scritto più di cinque anni fa (la maestra Lucia mette quelli proprio vecchi sui ripiani di un altro armadio, ma questo, ripiegato in quattro, se l’è tenuto vicino per leggerlo ogni tanto - ho sentito che lo diceva alla maestra Anna).

Poi, il foglio saggio ha continuato: Ma quando senti che, oltre il passato e il presente, c’è un’ansia di futuro buono, ecco questo è: nonostante. Felice te se trovi un ragazzo del nonostante: abbraccialo, asciugagli le lacrime che non piange e fatti ala per i suoi passi.

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