Dicono che nome e persona
sono la stessa cosa. Non è vero. La maestra Cassandra non profetizza sciagure.
Quando tutto va male, ride: Tutto a posto.
Fosse stato per me, avrei levato mano da prima di subito. Lei no. Mesi di
ottovolante prima di arrivare a questo pomeriggio. Io urlerei anche adesso, lei
non fa una piega.
Vittorio, la parte, la sa
molto bene. Fino a ieri sembrava sicuro di sé: i gesti giusti, il tono sciolto,
l’espressione naturale. Ora, si rifiuta di fare l’ultima prova. Che, poi, è
un’ultima prova che, dopo un’ora, si andrà in scena davvero. Non è la prima
volta che Vittorio fa così: arriva a un passo dalla realizzazione e si ritira.
Come se avesse un fuoco dentro che gli si spegne all’improvviso, lasciandolo in
un buio che non può fare un passo. Si va a sedere in un angolo e respinge i
due, tre compagni che s’avvicinano per convincerlo a recitare: Lasciatemi in pace.
Valeria finge più ansia
di quella che prova, gli occhi allargati, il respiro trattenuto. Chiede di
poter fumare, recita preoccupazione. Mi
tremano le gambe. Più s’affanna, più si sente scendere nel ruolo della protagonista.
Lo sa: anche questa volta farà vibrare gli spettatori.
La maestra Cassandra
ridispone le posizioni di partenza: Kevin,
tu vieni da destra. Aspetta che Luigi esca, prima devi fare due passi, poi ti
avvicini… Elena a sinistra di Angelica… Spostate quel tavolino più al centro.
Quel leggio, a sinistra… Ecco, mettici
sopra i fogli, Luigi ricominciamo…
Luigi mi si avvicina,
dispone i fogli, li aggiusta. Sarà lui a presentare e fare da collegamento tra
le scene. Tre mesi fa era un perfetto baccalà. Un leggio, dove si posano testi
di Eduardo e di Shakespeare, non dovrebbe usare termini così, lo so. Ma non ne
trovo uno più adatto. Uno spilungone dalle spalle curve, che non sapeva dove
tenere le braccia, lo sguardo a metà tra perso e annoiato, un tono piatto e
lamentoso. Le prime volte avrei voluto urlare alla maestra Cassandra che non
era giusto sottopormi allo strazio della sua lettura. Avanzava già il balbettio
di Genny e Raffaele che metà delle parole se le mangiava. Ma ha avuto ragione
lei. Ora, Luigi, le spalle dritte, il petto in fuori, ha tirato un bel respiro
profondo e ha cominciato: rispettando le pause e azzeccando i toni. Quasi
tutti. Guarda davanti a sé, senza leggere. Ha imparato a memoria, e i fogli
davanti gli servono solo a evitare il panico del e se mi dimentico?
Intanto, con un piccolo
effetto domino, Francesco ha preso il ruolo di Gaspare e Gaspare quello di
Vittorio e il ruolo di Francesco è stato annullato. La maestra Cassandra i
testi li compone e scompone continuamente: senza fare una piega. A Gaspare
piace avere un pubblico, come se stare su un palco lo risarcisse d’un’infanzia
passata da invisibile per strada. Che, nel cambio, abbia guadagnato una decina
di battute in più, lo manda su di giri: il battito accelerato del cuore lo fa
sentire libero più del vento, almeno per un po’.
Alessio, che ha il ruolo
principale – poche battute più di Vittorio/Gaspare – arriva quando la prova è
iniziata da un pezzo, con addosso l’odore di fritto. È il più bravo del
laboratorio di friggitoria, c’erano arancini e frittatine di pasta da preparare
per il dopo teatro. Era uno agitato, pronto a fare tarantelle ogni momento, ora s’è come placato. Quanto Gaspare crea
intorno nervosismo, tanto Alessio rasserena. Anche Vittorio lascia il suo
angolo, dice che reciterà.
Ok
– dice la maestra Cassandra – ma prendi
il ruolo di Gaspare.
Non sarà l’ultimo
cambiamento in quest’ora prima di andare in scena. Qualcun altro, all’ultimo,
si ritirerà e la maestra Cassandra lo sostituirà. Tutto a posto.
Andrà tutto bene. Va
sempre tutto bene. Gli spettatori si commuoveranno. Per i ragazzi: Come recitano bene. Ma, anche per loro
stessi. Si sentiranno migliori perché, stasera, sono stati qui. Come se
avessero percepito un pizzico di verità. Che, di tutti i luoghi, il teatro è il
luogo dove meno si recita. Si è nudi. Con i propri fantasmi. Spettatori
compresi.
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