Conosco una signora. Di cui non so nulla. Neppure il nome, che tipo di
famiglia abbia, com’è la casa in cui abita. L’ho conosciuta in chiesa, tanti
anni fa. Una persona gentile, discreta. La trovavo già seduta nel banco dove
andavo a sedermi io, alla prima messa del mattino. Qualche anno più di me, vestita
sobriamente, le spalle un po’ curve, la borsa grande, le scarpe comode, attenta
a leggere il foglietto della messa. Un saluto impercettibile, il segno
della pace, niente di più.
Dopo le ultime vacanze, per comodità d’orario,
ho cambiato chiesa. E l’ho trovata lì. “Questa mezzora dopo, mi fa comodo”, mi
sono quasi giustificata io, lei ha annuito. Continuiamo a sederci vicine,
qualche sorriso, il segno della pace, l’augurio di buona settimana. Mi
piacerebbe sapere cosa pensa delle omelie, per me pessime, che sono il
contraltare dell’orario favorevole. Ma un rapido sorriso e subito si allontana.
Lasciandosi dietro come un profumo di buono e un pizzico di luce, sotto la
pioggia.
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