lunedì 4 novembre 2019

Mio nonno, Cavaliere di Vittorio Veneto






Colline dell’allora comune di Pellaro, pochi mesi prima del terremoto del 1908. Bambini al pascolo. Una bambina bionda e sottile, la più istruita – ha concluso la sua carriera scolastica con la seconda elementare – insegna ad un bambino – che a scuola non è mai andato e mai andrà (in Italia; andrà a scuola, poi, da emigrato negli Stati Uniti) – le lettere dell’alfabeto. Le disegnano con un ramo sulla terra. Leggono, cancellano, ricominciano.

Meno di dieci anni dopo, il bambino – classe 1899 – viene chiamato in guerra. Prima linea. Scoppia, accanto a lui, una granata, gli provoca dei problemi al cuore. Lo mettono al servizio posta. Porta le lettere ai soldati, prende le loro per spedirle. Ma fa qualcosa di più: legge per chi non sa leggere, scrive per chi non sa scrivere.

Il bambino – poi cavaliere di Vittorio Veneto – è mio nonno paterno. La bambina è mia nonna materna.

La prima guerra mondiale, nella mia mente, si lega a quelle lettere vergate sulla terra, a quell’umanità fatta di piccole e grande solidarietà nella povertà e nel dolore.

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