mercoledì 3 giugno 2020

L'Immuni, le donne e i bambini





C’è stata una levata di scudi per l’icona di Immuni – una donna con bambino e un uomo col computer – che ha portato all’icona inversa – un uomo col bambino e una donna al computer. 

Due icone entrambe banali, prive di qualsiasi originalità.

Avrei per l’icona di una simile app scelto qualcosa di diverso: capace di indicare immediatamente la rete contro il virus. Non ci avrei messo un bambino né in braccio a un uomo né in braccio ad una donna. Se proprio fosse stato questo l'input del committente ci avrei messo donna, uomo e bambino, meglio più persone di diverso genere ed età.

Legare le donne ai bambini fa cliché, tra l’altro un cliché che sa di stantio: le donne che hanno figli sono sempre di meno e, quando ce l’hanno, non è più di uno; le donne che lavorano e in ruoli magari importanti sono tante, anche se non abbastanza.
 
Ma dover non mettere bambini accanto alle donne fa parte di un sotterraneo processo antimaternità che va avanti da decenni: che è stato parte anche del processo per cui le donne sono diventate persone che si sono viste e rappresentate (finalmente e per fortuna) tanto altro oltre che madri, ma che è, anche, un processo tout court contro l’essere madri: la maternità vista come sostanziale “inferiorità”, “diminuzione” delle possibilità di vita. 

Tutto ciò, oltre che togliere alle donne una parte di sé, ha contribuito all’attuale crisi demografica. Che rende molto deboli bambini e ragazzi: motivo non ultimo per cui la scuola ripartirà da ultima. Quando e come, ancora non si sa.

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