C’è stata una
levata di scudi per l’icona di Immuni – una donna con bambino e un uomo col
computer – che ha portato all’icona inversa – un uomo col bambino e una donna
al computer.
Due icone entrambe banali, prive di qualsiasi originalità.
Due icone entrambe banali, prive di qualsiasi originalità.
Avrei per l’icona
di una simile app scelto qualcosa di diverso: capace di indicare immediatamente
la rete contro il virus. Non ci avrei messo un bambino né in braccio a un uomo
né in braccio ad una donna. Se proprio fosse stato questo l'input del committente
ci avrei messo donna, uomo e bambino, meglio più persone di diverso genere ed età.
Legare le donne
ai bambini fa cliché, tra l’altro un cliché che sa di stantio: le donne che
hanno figli sono sempre di meno e, quando ce l’hanno, non è più di uno; le
donne che lavorano e in ruoli magari importanti sono tante, anche se non
abbastanza.
Ma dover non
mettere bambini accanto alle donne fa parte di un sotterraneo processo antimaternità che va
avanti da decenni: che è stato parte anche del processo per cui le donne sono
diventate persone che si sono viste e rappresentate (finalmente e per fortuna)
tanto altro oltre che madri, ma che è, anche, un processo tout court contro l’essere
madri: la maternità vista come sostanziale “inferiorità”, “diminuzione” delle
possibilità di vita.
Tutto ciò, oltre
che togliere alle donne una parte di sé, ha contribuito all’attuale crisi
demografica. Che rende molto deboli bambini e ragazzi: motivo non ultimo per
cui la scuola ripartirà da ultima. Quando e come, ancora non si sa.
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