Pellaro, panchina: Sedetevi, spegnete il cellulare e...parlate |
Passo un’oretta a conversare con un parroco di
quartiere. È un uomo di fede, con uno sguardo realista sulla realtà della
chiesa (locale e non solo) e una profonda esigenza missionaria. Si avverte che
il suo centro è Gesù Cristo e la sua urgenza è comunicare, ai pochi che
frequentano la parrocchia e ai tanti che non ci mettono piede, il Signore,
speranza di salvezza di ciascuno e di tutti.
Ne esco con l’esigenza di mettere un po’ in
ordine considerazioni che vado facendo da tempo. Come passare da L’estate che perdemmo Dio (bel titolo di
un bel libro di Rosella Postorino) a L’estate
in cui trovammo/cercammo Dio?
Ne accenno qui alcune (e non del tutto in ordine)
Uno. Il cristianesimo è, nella società
occidentale, residuale. Dopo aver impregnato di sé ogni aspetto della nostra
civiltà (la cultura, le opere d’arte, il nostro modo d’essere, dal concetto di
persona a quello di laicità dello Stato), appare come una voce
afona/silente/comunque poco ascoltata. Il cattolicesimo come religione di massa,
senso comune anche di chi non andava in chiesa, si è concluso, in Italia, con
il voto al referendum sul divorzio: 1974. Non averlo compreso (o aver finto di
non comprenderlo) è stato un errore pesante.
Due. Dopo secoli in cui essere cattolici era la
norma e non si poteva, secondo la frase di Croce, non dirsi cristiani, oggi è
una scelta: minoritaria e controcorrente, che implica la consapevolezza di una
visione della vita e del mondo che non coincide con quella della maggioranza.
Tre. La morale proposta dalla chiesa cattolica è
saltata quando sono cambiate le donne. Le donne che avevano retto, nelle case,
non solo la trasmissione di alcuni valori e principi (dall’andare a messa a
rispettare la Quaresima) sono state, per secoli, le custodi della morale sessuale:
ovvero della morale percepita come quella fondamentale, se non l’unica,
proposta dalla chiesa. Sulla fuoruscita delle donne dalla chiesa e dalla morale
cattolica, dagli anni immediatamente successivi al 68 in poi, non si è fatta
una riflessione adeguata.
Quattro. La chiesa ha ben retto, nell’Ottocento,
la fine del potere temporale, che, in modi diversi, aveva gestito per un
millennio e passa e che, in forma differenziate, è parzialmente rimasto fino ai
nostri giorni. Nonostante lo sforzo di comprendere la contemporaneità fatta col
Concilio, oggi non sembra reggere il passo rispetto all’impetuosa, confusa e
contraddittoria, crescita di soggettività/individualità del presente.
Cinque. La chiesa ha, in qualche modo, fatto i
conti, nel secolo passato, con Marx. Ma non ha fatto i conti con Einstein (qui
assunto, anche se impropriamente, come espressione delle formidabili scoperte
scientifiche sulla nascita ed evoluzione della terra e dell’intero cosmo). Né,
tantomeno, li ha fatti con Freud e, in genere, con la psicanalisi. E sono conti
imprescindibili. Gli uomini sono, nel profondo, sempre uguali a se stessi:
impasto di carne e spirito, gioie e dolori, paure e speranze, un insopprimibile
desiderio di felicità nel cuore. Ma non sono più quelli della civiltà contadina
(agricolo-pastorale con annessa pesca), così connaturata al cristianesimo (vedi
le parabole). Sono quelli del “post” (post-tutto), della supertecnologia, del
flusso continuo di informazioni, delle voci e delle immagini di tv e social,
dell’iperconnessione virtuale e della maggiore solitudine fattuale.
Sei. Attualmente, che cosa comunica la chiesa,
nel suo complesso? Accanto all’encomiabile sforzo (di alcuni, non di tutti) nei
confronti dei migranti, dei poveri, degli ultimi della società, c’è una debole
e stanca riproposizione di alcune tematiche morali che appaiono storicamente
sconfitte. Ma riesce a dire di Gesù Cristo qualcosa che faccia battere il cuore
e coinvolgere la mente, riesce a farsi ponte tra gli uomini e Dio?
Sette. Il processo in atto di
decristianizzazione/decattolicizzazione dell’Italia potrebbe avere effetti di
grazia purificante, portando ad un risveglio di fede. In un futuro non lontano,
mentre le chiese continueranno a svuotarsi, potrebbero crescere, qui e là,
piccole comunità di gruppi intenzionati a vivere la radicalità del Vangelo: oasi
laiche che assumerebbero la stessa funzione dei monasteri quando si uscì dai secoli bui. Intorno, una fascia (anch’essa
non numerosa) di persone che, pur lontane da tale radicalità saranno ugualmente
lontane dalla scristianizzazione crescente della società.
Per ora mi fermo qui, ma la riflessione continua.
Sono valutazioni che,sotto un profilo laico ed ateista,possono essere persino condivisi.Non lo sono,certamente,per chi crede e pratica il culto cattolico.Si,e'vero che viviamo una deriva cattolica preoccupante,ma e'altresi vero che gli evangelisti,i santi e gli stessi profeti,ebbero a riconoscere che l'effetto piu'tremendo di questo fenomeno sara'la fine del tempi.Altrimenti detta,fine del mondo
RispondiElimina