sabato 20 luglio 2019

La morte di un figlio



Ho conosciuto ieri una coppia di genitori orfani di un figlio. Non è la prima. Ne conosco tanti, troppi, che hanno perso un figlio: per malattia, per incidente; bambino, ragazzo, adulto.

In tutti i casi – con l’esclusione di uno, forse uno e mezzo – i padri sono entrati in forme, più o meno evidenti, di depressione, le madri si sono rimboccate il cuore e hanno dato il là al marito/padre e agli altri figli per ricominciare a vivere: straziate, ma non annullate dalla morte.

Uomini che sembravano rocce si sono come decomposti. Donne che sembravano molto più fragili dei loro compagni hanno rivelato una linea d’acciaio nel loro midollo.

Come se, nelle donne – che, almeno inconsciamente, sanno tutte che dare la vita è immettere in un processo che, in natura, porta alla morte – ci fosse una maggiore accoglienza alla quotidiana compresenza di vita e morte e/o un di più di resistenza nel costruire e ricostruire vita, come una forza (istintiva? soprannaturale?) a non darla vinta alla morte, a scommettere sull’eternità dell’esistenza.

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