Sito Archeologico di Occhio |
Era prigioniera, Giulia, nella torre che ne
avrebbe preso il nome (e che, adesso, non c’è più). Prigioniera, ma sempre
figlia di Augusto. Prigioniera a Reggio, ma con una piccola schiera di servi,
per la gestione della casa, e alcune schiave dedite alla sua persona. E con un
piccolo manipolo di soldati che la controllava, ma, al tempo stesso, la
proteggeva ed un comandante militare che era il suo carceriere capo e, insieme,
il suo più devoto difensore. Un uomo forte, le cui ginocchia si piegavano di
fronte al conturbante fascino di lei.
Era prigioniera, Giulia, ma continuava a vestire
con abiti degni della figlia dell’imperatore di Roma e a circondarsi di cose
belle.
Aveva saputo che, a Occhio, c’erano bravi vasai.
E aveva mandato un servo a comprarne per lei di grandi e di piccoli. Ne era
rimasta contenta e le era venuta come una frenesia di andare lei stessa a
bottega. Non aveva pregato, aveva ordinato al centurione di esservi condotta.
Poteva un centurione romano disobbedire agli
ordini dell’imperatore che voleva la figlia rinchiusa? Sarebbe arrivato il
tempo, con Tiberio, in cui la prigionia di Giulia sarebbe stata totale. Ma, in quel
caso, il centurione disobbedì: più del lontano Augusto poterono gli occhi
imperiali di Giulia.
E Giulia arrivò ad Occhio, e vide con i suoi
occhi e scelse vasi bellissimi. Nella bottega del capo dei vasai c’era una ragazza:
anche lei lavorava la creta. Le sue mani scorrevano veloci, dando forma
all’aria.
Anfore di Occhio al Museo Archeologico di Reggio Calabria |
P.S. Questo è il sogno (e i sogni, si sa, non hanno necessità di rispettare ogni particolare della storia) che mi faccio ogni volta
che passo davanti al Sito Archeologico di Occhio, che, come tutti gli altri
della zona, resta troppo sottovalorizzato.
Nessun commento:
Posta un commento