Quando l’ultimo ospite
lasciò il bel giardino dove s’era svolta la festa, Federica abbracciò Elisa, le
augurò di cuore ogni bene e disse al marito che anche loro potevano ritirarsi.
Il matrimonio della sua
primogenita, che seguiva di quindici mesi appena quello della sua
secondogenita, coincideva col suo primo giorno da pensionata, dopo quaranta
anni di servizio durante i quali s’era concessa non più di dieci giorni di
malattia.
Appena a casa, Federica si
tolse le scarpe, si trascinò in bagno per una doccia e, prima di deporsi sul
letto come cosa morta – Paolo s’era già steso mezzo vestito – proclamò:
-Da domani, voglio
occuparmi solo di me e di noi due.
Fu di parola. Già
all’inizio della nuova settimana, si iscrisse ad un corso di ginnastica che
l’ortopedico le aveva consigliato cinque anni prima e cominciò a frequentarlo
regolarmente due volte la settimana, il mercoledì e il venerdì. Fissò la
piscina il lunedì e riservò il giovedì agli incontri con le amiche. Per il venerdì
fece un abbonamento per lei e il marito a teatro. Il fine settimana lo lasciò
libero per piccoli viaggi, cene con gli amici, cinema e musei. Sebbene il tempo
avanzasse, sembrava più giovane: non trascurava le creme per il viso, almeno
una volta al mese si faceva riaggiustare il taglio.
Quando nacque Luca, si
offrì di occuparsene tutti i lunedì: e, in fondo, non le dispiacque trovare un
buon motivo per lasciare la piscina, che, con tutto il suo rituale di docce e
lavaggi dei capelli, la stancava un po’. Quando nacque Mattia, cominciò a
saltare qualche giovedì con le amiche. Decise anche, con Paolo, che almeno un
sabato sì e l’altro no, per lasciare libera Elisa (madre di Luca) e Alessandra
(madre di Mattia), loro potevano restare in casa, far dormire i bambini da loro
e tenerli fino al pranzo della domenica, da fare tutti insieme.
Quando arrivò Lucrezia,
sorellina di Luca, Federica cominciò a saltare le lezioni di ginnastica, fino a
quando le sembrò del tutto inutile rinnovare l’abbonamento. Anche di quello a
teatro era il caso di farne a meno.
Tre mesi dopo la nascita
di Lucrezia, sorellina di Mattia, Alessandra comunicò alla madre due novità. La
prima: lei e i marito si prendevano una pausa di riflessione, prima di decidere
se separarsi o no. La seconda: aveva avuto una proposta di lavoro eccellente,
sarebbe partita tra una settimana. Ovvero, Mattia e Lucrezia sarebbero rimasti
con i nonni a tempo indeterminato.
Con due bambini da
gestire ventiquattro ore su ventiquattro, di cui una neonata da svezzare prematuramente,
e altri due a gettone, tutte le volte, e non erano poche, che Elisa era in
emergenza senza baby sitter, Federica tirò fuori capacità strategiche da grande
generale. Assunse una signora ad ore per le pulizie di casa, affidò al marito
la lista della spesa settimanale (per le integrazioni quotidiane, telefonava ad
una bottega fidata), coinvolse le sue amiche nelle quotidiane passeggiate al
parco, sabato sera si faceva mandare a casa le pizze (Mattia e Luca la finivano
tutta).
Furono due anni di
battaglia. Era stanca, ma non si permetteva neppure di pensarlo.
Quando Alessandra
annunciò che s’era ormai sistemata bene, tornava insieme al marito e si
riprendeva i bambini, Federica non dormì tutta la notte: il cuore, tirato da
due opposti sentimenti, un senso di sollievo e un senso di vuoto, sembrava
volerle uscire dalla cassa toracica.
La sera che rimasero
soli, Federica si sedette sul divano accanto a Paolo. Rimasero zitti per ore,
davanti ad una tv aperta su un programma qualsiasi cui nessuno dei due badava.
Non passò molto tempo che
Federica comprò una lettiera, una cuccia, delle pietrine.
Paolo le rivolse uno
sguardo interrogante.
-Te la ricordi Luciana,
quella mia amica che ha cani e gatti. Sta cercando casa per una cucciolata.
Stasera ci porta una gattina.
Paolo aprì la bocca e
così rimase per qualche minuto Federica aspettò la frase che non arrivò, poi fu
lei a parlare:
-Se nessuno si occupa di
noi, non avremo più la forza di fare niente. Una gatta è proprio quello che ci
serve.
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