Una donna, giovane e meno giovane, rimescola le
sue cose in borsa per cercare, mettiamo, un fazzoletto. E tra i tanti oggetti
che tira fuori c’è un rosario, che si affretta a riporre, magari baciandolo. Mi
è capitato di vedere la scena più di una volta, spesso in metropolitana, ma
anche in pizzeria tra amici. E, talvolta, mai avrei legato quel volto, quella
persona, a quella forma di preghiera.
Il fatto è che, se i misteri Luminosi e Gloriosi
del Rosario riguardano cattolici-cattolici, quelli Gaudiosi riguardano tutte le
donne madri (tutte le gravidanze sono verginali, le donne hanno bisogno delle
donne per affrontare alcuni passaggi della loro vita, il parto, la crescita dei
figli che, in un modo o nell’altro, potrebbero tagliarti il cuore) e quelli
Dolorosi riguardano tutti gli uomini (tutti gli esseri umani): donne e uomini, bianchi e neri, belli e brutti, ricchi e
poveri, sani o malati. Perché la sofferenza è la cifra che ci accomuna tutti.
Perché, se mai non dovessimo soffrire, la morte ci riguarda tutti. Avremmo
potuto non nascere, ma non possiamo non morire.
E, nel dolore, c’è, ci può essere, una fase, che
è quella dell’attesa. L’attesa davanti ad una camera operatoria da dove si sa
che le possibilità di uscirne vivi sono scarse. L’attesa davanti ad una notizia
che ogni previsione dà di sciagura. L’attesa di una morte che si sa prossima.
Il Getsemani è come l’essenza di tutte queste
attese.
Cristo raccoglie in quella notte il dolore del
mondo e lo accetta: uscendo così dal dolore-sacrificio ed entrando nel
dolore-assunto liberamente. Ovvero nel dolore e nella morte che restano domande
cui non abbiamo risposta, ma che non sono l’ultima risposta della vita.
Massimo Recalcati dedica un libro a La notte del Getsemani, Einaudi editore.
Può essere una bella meditazione per i cristiani.
Ed un’ottima riflessione per tutti.
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