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I tassi d’ignoranza degli studenti della scuola
primaria e secondaria sono l’emergenza prima e vera dell’Italia. Nonostante
alcuni miglioramenti, che non vanno trascurati (soprattutto quelli relativi a
Basilicata e Puglia), si conferma la difficoltà di troppi scolari/studenti
nella comprensione della lingua e della matematica. Se i dati danno motivi di
preoccupazione per tutto il paese, dovrebbero far svegliare la politica del
Sud: non sono dati nuovi, ma dovrebbe essere il momento di dire: basta.
Se in seconda elementare, il 20 per cento degli
scolari italiani, uno su cinque, raggiunge risultati insufficienti nella
comprensione di un testo scritto nella nostra lingua, la percentuale scende al
10 in Basilicata ma sale al 24 in Calabria. Se, per quanto riguarda la
Matematica, il dato di insufficienza in Italia è del 28 per cento, il Calabria
si arriva al 35.
In quinta elementare, il tasso di insufficienza
nella comprensione della lingua sale in Italia al 25 per cento (un allievo su
quattro), ma in Calabria la percentuale raggiunge il 35. In Matematica, i
gravemente insufficienti diventano uno su quattro, in Calabria quattro su
dieci.
In terza media, uno studente calabrese su due ha
difficoltà di comprensione di un testo scritto in Italiano, (dato nazionale 35
per cento) il 60 per cento ha difficoltà gravi con la Matematica (dato
nazionale 38 per cento).
I risultati sulla comprensione dell’Inglese sono
imbarazzanti: in quinta superiore, alle soglie della maturità, in Calabria il
70 per cento non riesce a leggerlo e l’85 non lo comprende (dati nazionali,
rispettivamente 50 e 75).
Da che cosa dipende la situazione registrata
dall’Invalsi?
Prima di tutto, è bene togliere da mezzo inutili
polemiche e distinguo sul sistema di rilevazione che a molti non piace: è lo stesso
sistema utilizzato per tutto il paese: e, se per quanto riguarda i ragazzi,
“rileva” ma non “valuta”, per quanto riguarda la scuola costituisce un elemento
di valutazione cui prestare attenzione.
A meno di non voler pensare che a Sud, e in
Calabria in specie, si nasce più stupidi e/o che gli insegnanti calabresi siano
meno bravi (di chi, però, visto che i risultati ben più confortanti degli
studenti del Nord sono conseguiti con in cattedra docenti “terroni”, con buona
percentuale proveniente dalla Calabria più meridionale?), bisognerebbe
cominciare ad aggredire davvero le cause di tali non positivi effetti.
Cause ben conosciute: chi non frequenta asili ed
asili nido, chi non ha scuola a tempo prolungato, chi non ha, in casa,
esposizione continua a libri e a momenti cultuali (teatro, musei ecc.), ha
molte più difficoltà ad apprendere. Ce lo dicono, in tutte le salse, fior di
studiosi, ma basterebbe guardarsi in giro.
Naturalmente, tutte queste cause sono
strettamente collegate a scarso sviluppo economico e a correlate condizioni
sociali stagnanti.
Ha scritto Mariapia Veladiano, finissima autrice
e preside attenta: «Tullio De Mauro diceva che la lingua la si impara per
esposizione. Su questo la scuola italiana è proprio un presidio di resistenza
perché il contesto sociale è tremendo.»
Di fatto, nelle difficoltà di scarsa vitalità
economica, sociale e culturale – se si facesse un test Invalsi per adulti i
risultati sarebbero catastrofici – in cui la scuola si muove, in molte parti
del Sud e specificamente in Calabria, raggiungere quello che, per gli standard
nazionali è considerato insufficiente, è già un gran risultato, cui si arriva
con gran fatica, da parte di alunni e insegnanti.
Lo dico da (quasi ex) insegnante che ha dato
licenze medie che corrispondevano a licenze elementari, come ha detto Roberto
Ricci, direttore generale dell’Invalsi: «Possiamo dire che in larghe parti del
Sud ci sono adolescenti che affrontano l'esame di terza media avendo competenze
da quinta elementare.»
Il punto è che quel risultato, considerato il
tasso d’ignoranza iniziale dell’allievo, era un gran risultato.
Lo era, soggettivamente, per il ragazzo/a. E lo
era anche, oggettivamente, per la società, che si ritrovava un giovane
cittadino meno chiuso e/o ostile a ciò che sapesse di educazione e di cultura.
Ma, certo, era – è – una positività
insufficiente. Molto insufficiente. Troppo insufficiente.
Il Sud, la Calabria in specie – dove si sono
fatti meritoriamente grossi interventi per rendere le scuole sicure rispetto al
rischio sismico, come ha ben spiegato su Zoomsud
il professor Francesco Russo che se n’è occupato personalmente – non può che
considerare la scuola lo spazio-tempo più importante: cui dedicare il massimo
degli investimenti (in soldi e in competenze).
Se la Regione deve svolgere fino in fondo il suo
compito, la scuola è istituzione dello Stato. Unitario. La regionalizzazione
della scuola (e non solo) va respinta con decisione.
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