Ho avuto il
privilegio, oggi, di fare la madrina di cresima ad un ragazzo che mi è caro.
Un’occasione
per riflettere, anche, sulla grazia del potersi dire tutt’ora, in un’epoca
post-cristiana, e sebbene tanto imperfetti, cristiani:
almeno nel desiderio. E, anche, per riconoscere che non siamo nati per morire, bensì per incominciare (Hannah Arendt). E
ritrovare la voglia di strappare
la gioia/ai giorni futuri consapevoli che in questa vita non è difficile morire./Vivere è di gran lunga più
difficile (Vladimir Mayakovsky) vale più del
doppio quando lo sguardo sulla quotidianità, come in questi appunti di pochi
giorni fa, rischia di accumulare soprattutto dolore.
Il
fantasma e la paura
Il vestito di sartoria,
con la camicia fresca di stiro
è quasi un’armatura.
Ma qui non c’è nessun
barone rampante e neppure
un visconte dimezzato,
né un cavaliere inesistente:
solo un fantasma:
inesistente.
Assaggiato il nulla
rimasticato col niente,
ci accoglie
-umido grembo-
il buio del pozzo.
Ma il flebile tondo di luce
e la voce narrante libertà
non prosciugano
lo struggimento
di un futuro troppo oscuro.
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