venerdì 23 novembre 2018

La bambina ovunque di Stefano Sgambati





«Cinquantacinque pollici più in là c’è il mondo reale, fatto di momenti noiosi, spaventi, malumore, dolori intercostali e un matrimonio. Milano, una casa, un sesto piano, i problemi, un padre che spalle allo schermo un po’ ascolta, un po’ no; di sicuro non guarda, preso com’è dalla preparazione di una perfetta zuppa di cesi. Da solo, attende sua moglie, la madre, che se fosse presente lo criticherebbe: “La tv o la guardi o la spegni”»

Comincia così, con una tv in sottofondo, un uomo in cucina e una donna che sta per tornare a casa dopo la prima lezione di yoga, La bambina ovunque di Stefano Sgambati, recentemente edito da Mondadori: il racconto di una gravidanza vista da un futuro padre.

«A quanto pare così è fatto un padre: insicuro e allo sbando. Sono tentativi goffi e innocenti di farsi notare su un proscenio che altrimenti tenderebbe a escluderlo. Non percepisce i movimenti fetali, non perde per quell'istante il respiro mentre capisce che un altro essere vivente lo abita, perché nessuno lo abita: così è fatto un padre, in un padre non c'è posto. Né sente la vita che arriva: se la ritrova; e in mancanza d'altro tende a relativizzare ogni cosa. [...] Nessuno che gli dica qualcosa, in molti lo ignorano. La figura della madre e dominante e assoluta, ogni preoccupazione è per lei. Ma così è fatto un padre. Nemmeno il panico gli è concesso, perché lui non porta la vita, non ha un organismo di madre da preservare, non necessita di legumi.»

Caustico e tenero, disincantato e coinvolto, impietoso e toccante, La bambina ovunque è un libro bellissimo: per forza dello stile, l’autoanalisi senza sconti, distaccata e offerta con dedizione, la capacità di trasformare l’autobiografia in esperienza letteraria. Ma anche per il racconto, così vero, così personale, così fuori da ogni cliché (qualche eco si avverte solo nelle ultime pagine) di una paternità tutt’altro che naturale: non tanto perché avvenuta grazie alla fecondazione artificiale quanto perché il protagonista non ne ha alcuna vocazione ma, adattandosi continuamente ad un nuovo essere, fa fronte ai suoi doveri.

Denso di domande sul senso della vita, dell’innamoramento, della generazione, La bambina ovunque è uno straordinario inno dell’uomo-marito alla moglie-madre.

Insieme a Mi vivi dentro di Alino Milan (storia della lunga lotta della moglie contro il cancro), anch’esso pubblicato quest’anno, mi sembra anche un’eccezionale testimonianza del valore della famiglia. Mi colpisce che a suggerirlo, in testi così diversi per tema, stile, pathos, siano due uomini. (Joan Didion a parte, non mi pare di aver, negli ultimi anni, letto alcun libro intenso di una donna riferito al proprio marito, nel suo caso un memoir.).

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