Una decina di donne, un
uomo, una bambina e un bambino. Le donne, quasi tutte, si sventagliano. Anche
il prete usa un messale a mo’ di ventaglio. La chiesetta – una sorta di stanza
più lunga che larga, con due nicchie laterali, una con una Madonna più grande
del Cuore di Gesù che occupa l’altra – ha un certo senso del sacro. Sarà il
grande crocefisso di legno, non del tutto proporzionato al piccolo ambiente, che
si staglia su una striscia di muro colorata in rosso pompeiano.
Una volta un mio amico mi
scrisse che, nelle chiese, ci sono troppi crocefissi e pochi rimandi alla
resurrezione: come un vincolo al dolore che non rispetta la speranza cristiana.
Non ero e continuo a non essere d’accordo con lui: niente è più universalmente umano
del dolore che, in un modo o nell’altro, colpisce tutti gli esseri viventi.
È un giorno particolare
per me – dopo una serie di ultimo/ultima
(l’ultima relazione, l’ultima presentazione, l’ultimo esame) – oggi è, davvero:
l’ultimo. E, questa data, quella del Sacro Cuore, è legata, molto, ad una fase
della mia vita in cui ho frequentato i padri dehoniani. Insomma, è un giorno
carico di emozioni.
Il Vangelo parla del
pastore che lascia le novantanove pecore per cercare la centesima smarrita. Ed
è una parabola che sembra particolarmente fuori tempo. Novantanove giusti su
cento? E dove li trovi, soprattutto se nel termine giustizia volessimo far rientrare anche la parola fede?
Non viviamo in una
società post-cristiana che, avendo assorbito, nei suoi aspetti migliori,
principi e valori del cristianesimo, sembra aver irrevocabilmente allontanato
dal proprio orizzonte Gesù Cristo, tanto più Gesù Cristo-Dio?
Forse, più che dal
bellissimo passo di Ezechiele («Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le
passerò in rassegna. (…) Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò
all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò
cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia»), questo Vangelo
andrebbe preceduto da quello della Genesi quando Dio, per salvare Sodoma, su
richiesta di Abramo, si accontenta prima
di cinquanta, poi di quarantacinque, poi di quaranta, poi di trenta, poi di venti e, infine, di dieci
giusti.
Lode, insomma, ai giusti.
Fossero pochissimi: basterebbero a dire al mondo che ogni notte sarà seguita
dalla luce dell’alba.
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