domenica 23 giugno 2019

La processione del Corpus Domini



 
Petali di rose, immagine dal web
C’è una foto da qualche parte di un armadio, una polaroid ormai slavata, che mi mostra più di una cinquantina d’anni fa. Più robusta di ora, una gonna a quadri, una maglietta a maniche corte, che ricordo giallina, un nastro di velluto nero a trattenere i capelli in una coda piuttosto scompigliata. Sto piegata su un cesto colmo di fiori e, accanto a me, ci sono non ricordo se due o tre bambini: forse, una bambina e due bambini, tutti miei cugini molto più piccoli. Dietro, non distante dal muro di una casa, un altarino sotto una sorta di pagoda ottenuta facendo ricadere su dei bastoni un copriletto damascato. La strada, sterrata, era stata bagnata di fresco per evitare la polvere. È il fermo immagine di una processione del Corpus Domini: che si svolgeva, allora, di giovedì e significava raccogliere tantissimi fiori, riempire cesti di petali, appendere alle finestre i copriletto di corredo, tirar fuori un tavolino, abbigliarlo a mo’ di altare, aspettare che il parroco arrivasse, l’ostensorio nelle mani nascoste in una pianeta con ricamata sul dorso una grande ostia, come un sole pieno di raggi, respirare l’incenso (ai chierichetti piaceva fa oscillare il turibolo), lanciare tutti i petali a fare un tappeto su dove sta passando Gesù, e poi continuare a seguire la processione verso gli altri altari, sperando che il proprio fosse (stato) il più bello e il più odoroso.

Da anni, il Corpus Domini si festeggia di domenica. In molte città c’è l’unica processione dell’anno (quindici e più anni fa, al tempo della foto, se ne facevano parecchie). Nel mio quartiere, la processione raccoglie i fedeli di tutte le parrocchie della forania, partendo e arrivando sempre da una chiesa diversa. Ho dato uno sguardo all’itinerario di quest’anno, 23 giugno, due giorni dopo l’inizio ufficiale dell’estate, temperatura prevista alta. Ma sapevo che non ci sarei andata. 

Dei dogmi cattolici, proprio di quello del Corpus Domini non ho mai dubitato. Ma – fuori da quell’ambiente contadino, dai fiori raccolti in campagna, da quei damaschi di corredo (copriletto che mai venivano messi a letto per non sciuparli, ma che ogni anno avevano la loro ora d’aria e di notorietà), o, peggio, in qualcosa che cercasse di riproporne qualche aspetto in maniera del tutto artificiale – in una processione, mi sentirei del tutto fuori luogo.

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