Sabato un nuvolone nero, enorme, ha riempito il cielo dello Stretto, lasciando sulle coste reggine la polvere lavica dell'Etna.
La foto di Pasqualino Placanica (in alto) mostra la stazione di Pellaro (Rc), come si presentava ieri, domenica, mentre quella di Antonio Calabrò (in basso) mostra l'eruzione di un vulcano reggino almeno quanto è catanese:
Questo è quello che ho scritto per Zoomsud
L’Etna è il mio orizzonte. Quando, quieta, è una montagna azzurra,
appena una sfumatura diversa dall’azzurro del cielo e del mare. Quando è
ricoperta di nuvole bianche, lievi come un velo da sposa o più dense
come uno scialle elegante. Quando s’intravvede appena o bisogna
indovinarla dietro lo scuro del maltempo. Nei periodi in cui le abito
dirimpetto e me ne riempio gli occhi da
mattina a sera e quando le sto lontana e lei – sì, lo so, è un vulcano,
dovrei dire lui, ma mi è più naturale parlarle come ad una montagna,
benché di fuoco – resta lo sfondo d’ogni attesa, il punto dell'anima in
cui ogni giornosi rinnova.
Quando sembra
addormentata. Quando lancia fiamme che arrossano la notte. Quando,
ricoperta di neve, nell'aria di diamante, cattura ogni raggio di sole e
ne fa un caleidoscopico ricciolo di Morgana. Quando una nube immensa ci
ricopre di polvere nera, che ci vogliono ore e ore da spazzare dai
balconi e, magari, costringe a rilavare i panni appena stesi. Come se
tutti i mali e le rabbie e le nuvole e i temporali che ognuno di noi si
porta dentro tornassero terra, liberando energie troppo a lungo
compresse: "Ricordati che polvere sei e polvere ritornerai": ma polvere
che ama, soffre, crea, polvere che sa asciugare lacrime, che può
sorridere, che potrebbe fare del mondo un giardino.
La visione della
siciliana Etna è una delle bellezze estreme d’una parte della Calabria.
Di quelle immateriali, infinite, un regalo della natura, un'eredità di
bellezza di valore immenso.
Mi sono sempre
stupita che nessuno di quelli che, per gli enti pubblici, si occupano di
pubblicità turistiche l’abbia inserita tra le nostre bellezze. Toccasse
a me, direi: venite a Reggio, ammirate i Bronzi – che qui devono
restare, chi venisse a Milano per l’Expo scenda fin qui (N.B: urge
rendere non impossibili i 1200 Km di distanza da coprire), non resterà
deluso né da loro né dal resto che il Museo Archeologico contiene (N.B:
conterrà, quando verrà riaperto) – andate in giro per la provincia, da
Locri ad Africo a Monasterace, a Bova, che ne vale la pena. E, poi,
scendete sul Lungomare, sedetevi su una panchina e, semplicemente,
guardate davanti a voi…
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