lunedì 25 novembre 2013

L'Etna, vulcano (anche) reggino




Sabato un nuvolone nero, enorme, ha riempito il cielo dello Stretto, lasciando sulle coste reggine la polvere lavica dell'Etna.

La foto di Pasqualino Placanica (in alto) mostra la stazione di Pellaro (Rc), come si presentava ieri, domenica, mentre quella di Antonio Calabrò (in basso) mostra l'eruzione di un vulcano reggino almeno quanto è catanese:




Questo è quello che ho scritto per Zoomsud



L’Etna è il mio orizzonte. Quando, quieta, è una montagna azzurra, appena una sfumatura diversa dall’azzurro del cielo e del mare. Quando è ricoperta di nuvole bianche, lievi come un velo da sposa o più dense come uno scialle elegante. Quando s’intravvede appena o bisogna indovinarla dietro lo scuro del maltempo. Nei periodi in cui le abito dirimpetto e me ne riempio gli occhi da mattina a sera e quando le sto lontana e lei – sì, lo so, è un vulcano, dovrei dire lui, ma mi è più naturale parlarle come ad una montagna, benché di fuoco – resta lo sfondo d’ogni attesa, il punto dell'anima in cui ogni giornosi rinnova.

Quando sembra addormentata. Quando lancia fiamme che arrossano la notte. Quando, ricoperta di neve, nell'aria di diamante, cattura ogni raggio di sole e ne fa un caleidoscopico ricciolo di Morgana. Quando una nube immensa ci ricopre di polvere nera, che ci vogliono ore e ore da spazzare dai balconi e, magari, costringe a rilavare i panni appena stesi. Come se tutti i mali e le rabbie e le nuvole e i temporali che ognuno di noi si porta dentro tornassero terra, liberando energie troppo a lungo compresse: "Ricordati che polvere sei e polvere  ritornerai": ma polvere che ama, soffre, crea, polvere che sa asciugare lacrime, che può sorridere, che potrebbe fare del mondo un giardino.

La visione della siciliana Etna è una delle bellezze estreme d’una parte della Calabria. Di quelle immateriali, infinite, un regalo della natura, un'eredità di bellezza di valore immenso.

Mi sono sempre stupita che nessuno di quelli che, per gli enti pubblici, si occupano di pubblicità turistiche l’abbia inserita tra le nostre bellezze. Toccasse a me, direi: venite a Reggio, ammirate i Bronzi – che qui devono restare, chi venisse a Milano per l’Expo scenda fin qui (N.B: urge rendere non impossibili i 1200 Km di distanza da coprire), non resterà deluso né da loro né dal resto che il Museo Archeologico contiene (N.B: conterrà, quando verrà riaperto) – andate in giro per la provincia, da Locri ad Africo a Monasterace, a Bova, che ne vale la pena. E, poi, scendete sul Lungomare, sedetevi su una panchina e, semplicemente, guardate davanti a voi…

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