Bisognerebbe
iniziare la giornata con una doppia lettura, quella della Bibbia e quella del
giornale, diceva il maggiore teologo
protestante del XX secolo, Karl Barth.
Dove il senso, naturalmente, è quello
dell’assunzione della responsabilità dell’oggi alla luce del trascendente.
Ma la frase potrebbe essere gradita a chiunque,
fede o non fede, abbia a cuore i giornali perché quel in una mano
la Bibbia e nell’altra il giornale esalta la funzione della
stampa, che ci dà elementi essenziali per rendere leggibile lo spazio e il
tempo storici in cui si svolge la nostra vicenda personale.
Consulto
parecchi giornali al giorno e, sul web, anche parecchie volte al giorno. Eppure
più passa il tempo più ho difficoltà a leggerli, di carta o online che siano.
Non
mancano certo singoli articoli più che interessanti, inchieste da seguire,
commenti su cui riflettere. Ma i fatti, gli eventi passano ormai attraverso l’informazione
capillare di quel giornalismo di tutti
fatto dagli stati di fb, dai 140
caratteri di twitter o da qualsiasi altra forma di social. Mentre l’informazione
più strutturata, quella in qualche modo ufficiale, dai grandi giornali in
difficoltà economica alle aggregazioni più o meno spontanee che pullulano in
internet, non sembra sempre esprimere una competenza di analisi, una capacità di
sintesi, adeguate al livello delle attuali problematiche. Al contrario, ha
contribuito e contribuisce non poco a fare di ciò che dovrebbe essere lasciato
scorrere come effimero e/o meno importante l’asse portante di annosi temi di
discussione.
Nella
tiritera del troppo visto e sentito, nella serie di vecchi e nuovi cadaveri
tenuti in piedi o mantenuti alla ribalta dai troppi titoli a nove colonne,
negli scoop in ritardo di lustri, la stampa ci ha messo e ci mette del suo a far sviluppare
una nausea del presente, che trova sbocco in un pensiero disarticolato, nella
volgarità del linguaggio, nel livore rabbioso dei comportamenti piuttosto che
in un po’ più di chiarezza e forza nell’affrontarlo.
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