C’è una bambina a Budapest negli
anni cinquanta. Ha appena perso il padre, comprensivo e affettuoso e vive con
la madre, pedagogista che di bambini in carne e ossa coglie ben poco. Ha un
obiettivo, trovare l’ultimo paziente di suo padre, quello che ha ascoltato le
parole “Ditelo a Sofi”.
In un luogo in cui tutto appare
grigio – la casa, il mercato rionale, il municipio, la scuola e i suoi
scantinati – e ancora più grigie appaiono le persone, anche le migliori,
vincolate come sono alla rigidità del sistema, funzionari integerrimi e anche
sensibili ma come “contratti”, con un
quid che ne limita l’essere più profondo, Sofi è la bambina triste e seria,
silenziosa e sensibile, responsabile e colorata.
Intorno alla sua ricerca di un
affetto vero – di quelli che danno calore al cuore, spezzano la solitudine e
fanno vedere i blu, i rossi, i gialli altrimenti ricoperti di grigio – saranno anche
tanti altri a crescere: a cominciare dall’anziano usciere della sua scuola, per
passare, attraverso alcuni personaggi minori, alla sua brava maestra che ha
bisogno di una spinta per fare la scelta giusta e alla stessa madre.
Una scrittura che scava dall'interno i pensieri di grandi e piccoli e che, da una piccola vicenda, ricostruisce un mondo e fa emergere una necessità di tutti: il bisogno di un pizzico di sincerità e di comprensione, di sentirsi nell'abbraccio di un altro/a.
Ditelo a Sofia di
Magda Szabò è pubblicato da Salani (trad A. Sciacovelli).
Era uno dei libri preferiti della mia adolescenza. Grazie, Maria.
RispondiEliminaGrazie a te, Andrea
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