mercoledì 20 novembre 2013

Appunti sulla morte, la vita e la politica




 
La tragedia della Sardegna
Mai un momento di pausa, un periodo di disoccupazione, un mese di ferie. Le Parche sono sempre al lavoro.

E se il morire è ineliminabile dalla condizione umana, non dovrebbe essere assolutamente intollerabile che si diano troppi aiuti e spinte e assist alle nere signore che tagliano fili?

E, invece, costruiamo male, in luoghi inappropriati, magari con materiale scadente. Respiriamo aria satura di gas che ci ammalano e modificano pesantemente il clima. Mangiamo cibi che chissà se e quanto hanno di “naturale”.

E, non prendendoci adeguata cura dell’ambiente, finiamo con l’incidere non sulla “qualità” della vita, ma sulla vita stessa: per insipienza, per disinteresse o per troppi interessi, per malaffare diamo una bella mano alla morte.

Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo, dice il Cantico dei Cantici. Ma se l’alveo di un fiume è stato sventrato, le acque possono rompere gli argini e travolgere grandi e bambini innocenti.

Quale dovrebbe essere l’interesse primario di ciascuno se non difendere, proteggere, accudire la propria stessa esistenza e quella di chi più gli è caro? Può una madre dover temere (un esempio tra i tantissimi che si potrebbero fare) di propinare al figlioletto, certo contro la sua volontà, chissà quali veleni nella minestrina si amorevolmente preparata?

E, poi, naturalmente, farla crescere al meglio, la vita, con una buona scuola, una buona sanità, un buon lavoro ecc. ecc.?

E non sarebbe compito prioritario della Politica occuparsi proprio di questo, promuovere con intelligenza, difendere con severità, far sviluppare con adeguate innovazioni le condizioni di vita della propria comunità?

Ci vorrebbe un di più di Etica e un di più di Politica.

Un di più di etica, perché né  rinnovamento, né rivoluzione, né cambiare verso, né radicale riformismo possono darci un futuro, se non c’è conversione.

Lo so, non è termine politically correct,  sa troppo di cattolicesimo.
Ma non ne vedo di ugualmente significativi.

Perché i mali del paese – dalla corruzione diffusa, all’indifferenza nei confronti della cosa pubblica, dalla pesante divaricazione tra i privilegi di pochi e il difficile barcamenarsi di tanti, dalla dilapidazione dell’enorme patrimonio artistico al crescente involgarimento del linguaggio – sono tali che, senza una revisione profonda della mentalità e dei comportamenti di ciascuno, non solo delle classi dirigenti più alte, ma anche di quelle intermedie e basse e bassissime, nonché di chi fa sforzo a dirigere pure se stesso, non se ne esce.

Ma l’etica dei singoli, oltre ad aver bisogno spesso di imput e controlli della legge, non inciderà sull’insieme della società se non con una politica che riconquisti la maiuscola.

Oggi, l’immagine che danno i partiti (non per nulla tutti sottoposti a grandi suddivisioni, disaggregazioni e nuove aggregazioni) va dall’irrimediabile disfacimento  (se si vuole essere più pessimisti) ai balbettanti tentativi (se si vuole essere meno pessimisti) di trovare una forma, uno schema che possa reggere l’impatto con un presente confuso e inquieto.

Un’amica calabrese che qualche mese fa è salita in politica rispondendo ad una sincera esigenza di servizio alla collettività mi ha scritto di sentirsi "in crisi profonda". Ne capisco profondamente le ragioni e replicare non mi è facile.

Ma questo paese, questo sud, hanno una necessità assoluta di persone competenti, serie, oneste, che diano alla politica sguardo e voce di  Politica, che non si perdano nelle tiritere dei riti triti e ritriti dei gruppi, gruppetti e gruppuscoli, ma affrontino, con coraggio e lungimiranza, i problemi veri.

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