«Un suo
amico raccontava che negli ultimi anni Elsa chiedeva a tutti: “Qual è secondo
voi la frase d’amore più vera, quella che esprime al massimo il sentimento?”.
Tutti dicevano grandi cose. Lei rispondeva: “No. La frase d’amore, l’unica, è:
hai mangiato?”». Laura Morante, attrice, nipote di Elsa Morante
Oggi è la
giornata del cibo. Che è buono o cattivo, nutriente o indigesto, naturale o
falso, inquinato o genuino, ben
cucinato o volgarmente esplicitato: come le parole. Che possono nutrire e far
male, rafforzare o minare, far vivere o far morire.
Di vini so poco o niente, ma mi fa piacere che un vino calabrese entri in una guida nazionale. E in più trovo gradevole una pubblicità fatta così. |
Queste
sono le ultime parole che ho firmato su Zoomsud:
e la recensione di Maledetto Sud
di Vito Teti http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/58144-la-recensione-maledetto-sud-di-vito-teti.html
Eccola:
Ecco/Io e te, Meridione/dobbiamo parlarci una
volta,/ragionare davvero con calma,/da soli, /senza raccontarci fantasie/sulle
nostre contrade./ Noi dobbiamo deciderci/con questo cuore troppo cantastorie.
Questi versi di Franco Costabile, citati nel
testo, rendono perfettamente l’obiettivo – centrato – da Vito Teti nel suo
ultimo libro, Maledetto Sud, appena pubblicato da Einaudi: fare della
sua appassionata e insieme pacata riflessione sulle
distorte immagini sul Sud consolidate nel tempo fino a diventare un luogo
comune ripetuto il più delle volte acriticamente, addirittura
inconsapevolmente, un dialogo ininterrotto con la sua terra,
trasformando in una sorta di conversazione dialettica la sua stessa
esperienza di vita.
Gli stereotipi sul Meridione, quelli decisamente
“anti” e quelli apparentemente “pro” sono, dice Teti, «una costruzione con
molti padri, infiniti interessi, tanti sguardi opachi e distorti, è stata
quella di un Meridione come luogo mitico, astorico, naturale, compatto. Il Sud
Italia, in realtà, è un ossimoro, un luogo di contrasti geografici, storici,
sociali, produttivi».
Come uscirne? Affrontando dall’interno la nostra
realtà, senza paura di riconoscere le negatività e le ombre della nostra storia,
le grandezze, gli sforzi irrisolti, le macerie: di guardare in faccia senza
infingimenti ciò che siamo stati e ciò che siamo: «Per sfoltire, sfrondare,
annullare, attenuare, rovesciare le immagini negative costruite contro i
meridionali, è necessario “andare dentro di noi”. E’ necessario guardare nelle
nostre profondità. Non possiamo sopportare gli imbrogli, le menzogne, gli
inganni perpetrati in nome di un “noi” nel quale non vogliamo riconoscerci».
Compito ineludibile degli intellettuali
meridionali sarebbe, perciò, quello di «rimettersi in cammino, guardare e
vedere, osservare, condividere, raccontare, accogliere. Una diversa etica
dell’erranza e della “restanza”. Partire, restare, tornare, non si
contrappongono, ma si rinviano. Avere riguardo, avere lo sguardo fuori e dentro
di sé, ascoltare ed autoascoltarsi».
Dice
Teti, che è ordinario di Etnologia dell’Unical, che «bisogna dare un nuovo
senso a parole antiche e costruire un dizionario dell’antirazzismo. Termini e
concetti come tradizione, modernità, classicità, identità, appartenenza,
bellezza, adoperati spesso per discorsi edulcorati e retorici vanno declinati
in maniera convinta, riempiendoli di nuovi contenuti. Non esiste, in realtà,
alcun autentico legame con la modernità se si dimentica il passato e,
viceversa, il presente non può essere vissuto soltanto come degrado e
decadenza. Occorre rovesciare e assumere in positivo termini come ozio, sudici,
maledizione. La melanconia va recuperata nella sua accezione positiva, come
melanconia attiva, critica, creativa. Anche l’incompiutezza e le rovine possono
diventare risorse identitarie e di vita, se solo guardate e trattate con nuova
sensibilità, con cura».
Contro ogni meridionalismo «fatto di lamentele e
separatezze o di superiorità», contro i separatismi di tipo leghista, guardando
dentro «le ambiguità delle identità», e liberandosi «dalla “maledizione” di
un’identità angusta, chiusa, inventata (come quella che oppone Nord a Sud)», si
può, dice ancora Teti, «trasformare il conflitto in benedizione, il
risentimento in riconoscenza, l’autoassoluzione in consapevolezza dei propri
errori, l’ostilità nei confronti degli altri in comprensione»: «bisogna
ripartire da una riflessione sulla possibilità e sulla necessità di sentirsi
italiano, pure sentendo l’appartenenza a un luogo e a un mondo. Può significare
che il riconoscimento profondo di un luogo può essere un possibile antidoto
alla fine del mondo».
Nessun commento:
Posta un commento