Stamattina,
sono entrata in classe, e – dopo aver rapidamente spiegato perché – ho chiesto ai ragazzi di fare un minuto di
silenzio.
Un minuto
di silenzio in un’aula dentro un carcere minorile – un silenzio vero, denso, serio:
uno solo ha accennato a un sorriso ma visto che nessuno gli stava dietro si è
immantinente ricomposto – rasenta il miracolo.
Poi ho
tirato fuori le pagine dei quotidiani più importanti, ho letto qualche fondo – “leggete
voi, che capiamo meglio” – ho aperto l’Atlante e abbiamo provato a seguire
sulla cartina uno dei tanti viaggi della speranza trasformati in viaggi della
morte.
Ho
raccontato del naufragio della Sirio e della nostra, di emigrazione.
Ho
chiesto ai ragazzi di provare a immaginarsi sia nei panni dei profughi, sia in
quello dei soccorritori, di provare a riflettere su cosa c’è dietro tante
centinaia di migliaia di persone che provano a trasmigrare da un continente all’altro.
Ho
chiesto loro se intendevano scrivere qualcosa per sostenere la proposta del Nobel
per la Pace all’isola di Lampedusa.
Una
lettera collettiva rimasta solo molto parzialmente abbozzata.
Meglio così. Quello che Lampedusa ormai vuol significare - un'Itaca che l'Europa tutta deve attraversare - non è argomento di
quelli che si possano esaurire in un giorno.
Apprezzabile ieri sera la scelta di Rai3 di trasmettere Terraferma di Crialese
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